ALESSANDRO BRATUS, Come To Daddy» e «Rubber Johnny» di Aphex Twin e Chris Cunningham :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

Contributo di Alessandro Bratus

 

«Come To Daddy» e «Rubber Johnny» di Aphex Twin e Chris Cunningham

 

 

Abbreviazioni

 

***

 

Il videoclip è un fenomeno audiovisivo che emerge all’inizio degli anni Ottanta, sotto la spinta di vari fattori che coinvolgono le case discografiche, gli artisti e il contesto storico. Come ricordano almeno i precedenti dei soundies americani degli anni Quaranta (utilizzati per la promozione di artisti jazz, talvolta anche caratterizzati dalla presenza di una narrazione), dello Scopitone francese degli anni Cinquanta-Sessanta, una sorta di juke-box che conteneva registrazioni video delle performance degli artisti di maggior successo commerciale, o dei numerosi esempi di esperimenti multimediali nella produzione dei Beatles, il videoclip non è il primo tentativo di unione tra immagine e suono. La sua specificità rispetto alle esperienze precedenti è data dall’emergere di una serie di elementi che contribuiscono alla nascita e al successo di questa forma:

 

Fattori commerciali: all’inizio degli anni Ottanta cominciano a raffinarsi le strategie di marketing che sfruttano l’immagine dell’artista come veicolo promozionale per la sua musica. In questo modo si crea quella saldatura tra case discografiche e reti televisive che permetterà al videoclip di affermarsi come principale mezzo di promozione caratteristico della popular music, favorendo la nascita di canali dedicati in esclusiva alla trasmissione di questa forma audiovisiva;

Fattori di genere: con la fine degli anni Settanta e con l’esaurirsi del fenomeno del punk la musica elettronica inizia a penetrare nella sfera della popular music. Il termine ‘musica elettronica’ appare già da subito come un contenitore in grado di riunire generi e approcci differenti, si va dalle sperimentazioni di Brian Eno o dei Kraftwerk a pezzi esclusivamente concepiti e finalizzati per il ballo. Dal punto di vista audiovisivo la musica elettronica impone di confrontarsi con un tipo di esecuzione molto più difficile da spettacolarizzare rispetto a quella dei gruppi o degli artisti che suonano musica elettroacustica. Questa difficoltà viene intesa come uno stimolo per la ricerca di nuove strategie di comunicazione nei confronti del pubblico;

Fattori artistici: alla necessità di trovare nuove forme espressive fa riscontro anche una tendenza dei registi a distaccarsi dal linguaggio cinematografico e televisivo, creando un tipo specifico di espressione visiva. A questo corrisponde anche la nascita di diverse tipologie di videoclip (narrativo, di animazione, surreale, etc.), non necessariamente legate alla semplice ripresa della performance dell’artista.

 

A livello formale il videoclip presenta alcune caratteristiche che lo definiscono come oggetto unico all’interno del panorama degli audiovisivi:

 

1. Brevità: è una forma breve, legata all’orizzonte temporale della canzone.

2. Carattere promozionale: lo scopo del videoclip è quello di vendere il brano per cui è girato. Nella sua costruzione il brano svolge un ruolo primario.

3. Linguaggio sperimentale: all’interno dei videoclip viene utilizzato un linguaggio che proviene da diversi tipi di comunicazione filmica e si ispira a una pluralità di modelli, riprendendo molte caratteristiche dal cinema postmoderno.

4. Impostazione sinestetica: il videoclip è una forma che nasce dalla sintesi di immagine e suono e non può esistere senza il continuo apporto di queste due componenti. La specificità del videoclip è quella di contenere dei punti di sincronizzazione in cui immagine e suono vengono a coincidere, per il resto i due elementi scorrono in modo indipendente.[1]

 

La collaborazione tra Aphex Twin e Chris Cunningham inizia alla fine degli anni Novanta all’interno della Warp Records di Sheffield, una casa di produzione indipendente nata con un preciso programma estetico: dimostrare l’esistenza di un modo creativo di usare le tecnologie elettroniche a fini artistici, in particolare nei campi della musica e delle produzioni audiovisive. Aphex Twin, pseudonimo di Richard D. James, è un artista che si è particolarmente segnalato negli ultimi quindici anni per aver lavorato sulla generazione e modificazione elettronica del suono, sulla scorta degli esempi sviluppatisi sia in ambito popular (Kraftwerk, Einstürzende Neubauten, Autreche, B12, The Orb), sia in ambito colto (soprattutto Stockhausen, Cage, Glass). Fin dai primi anni Novanta è considerato uno dei protagonisti del genere IDM, acronimo di Intelligent Digital Music: tale genere si contraddistingue per la presenza quasi esclusiva di suoni di sintesi e dall’uso di pattern ritmici complessi, spesso anche non ricorsivi, che negano la funzione di ballo che aveva caratterizzato fino a quel momento la musica elettronica nel panorama popular.

 

Chris Cunningham è un artista attivo dalla fine degli anni Ottanta, prima come disegnatore e fumettista, poi come tecnico degli effetti speciali per film come Hellraiser 2 (Tony Randell, 1988), Alien 3 (David Fincher, 1992), Alien. La clonazione (Jean-Pierre Jeunet, 1997). Dal 1997 egli inizia a farsi un nome come regista di videoclip proprio grazie al grande successo di Come to Daddy, frutto della prima collaborazione con Aphex Twin; questo successo lo porterà a collaborare con moltissimi altri musicisti, come i Portishead (Only You, 1998), Madonna (Frozen, 1998), Squarepusher (Come on my Selector, 1998), Letfield & Afrika Bambaataa (Africa Shox, 1999), Björk (All is Full of Love, 1999). Oltre che come regista di videoclip, i suoi interessi lo hanno spinto a occuparsi anche di altre forme audiovisive brevi, come le video-installazioni Flex (2000) e Monkey Drummer (2001), con musica di Aphex Twin, presentate alla Biennale di Venezia del 2001, o le pubblicità per vari prodotti e servizi (per la Nissan, BMW, Sony e altri).

 

I videoclip che Chris Cunningham ha realizzato per Aphex Twin sono Come to Daddy (1997), Windowlicker (1999) e Rubber Johnny (2005). In questa sede si è deciso di trattare nel dettaglio il primo e l’ultimo di questi esempi, perché presentano una serie di tratti comuni interessanti. Windowlicker è una parodia dei video hip-hop più mainstream, affollati di ragazze in costume da bagno e auto di lusso; perciò la sua trattazione richiederebbe un discorso più specifico. Come to Daddy porta sullo schermo il singolo dall'EP omonimo, uscito nel 1997 per la Warp Records. Il soggetto è centrato su un gruppo di bambini che, tutti mascherati con la faccia di Richard D. James, sotto l’influenza di un mostro partorito da un televisore abbandonato, terrorizzano gli abitanti di un sobborgo della periferia di Londra. Rubber Johnny si presenta come un documentario che racconta la vita di un ragazzino mutante imprigionato dai suoi genitori in cantina con un cane. Due particolarità di questo oggetto audiovisivo lo rendono diverso dal videoclip tradizionalmente inteso: in primo luogo è stato reso pubblico a ben quattro anni di distanza dal disco che conteneva la canzone da promuovere (afx237v.7 dal doppio CD Druqks del 2001); in secondo luogo la colonna audio non è costituita dal brano così come appare sul disco, ma è stata adattata e re-mixata dallo stesso Cunningham in accordo con le proprie esigenze audiovisive, trasformandolo in vera e propria ‘musica per immagini’.

 

Il primo aspetto preso in esame è stato quello relativo al ruolo del suono rispetto all’immagine, con particolare riguardo alla sincronizzazione tra questi due elementi. Di norma nei videoclip la funzione affidata alla musica è sintattica, sia a livello macroformale (le principali sequenze visive corrispondono alle sezioni della canzone o del pezzo strumentale), sia a livello microformale (con la sincronizzazione tra i movimenti dei musicisti durante la performance e il suono che li accompagna). A livello macroformale si può dire che, nella maggioranza dei casi, sia la struttura del pezzo musicale a definire a livello formale il videoclip, o perlomeno a fornire un’intelaiatura latente che può essere sfruttata in diversi modi. Ma si danno anche casi, come quelli presi qui in esame in queste pagine, in cui il video può influenzare la struttura del pezzo musicale, modificandolo in funzione delle sue esigenze. Non essendo gerarchico ma paritario, il rapporto tra suono e immagine può essere declinato all’interno della forma del videoclip in maniere molto diverse, dando vita a una pluralità di disposizioni strutturali, in cui uno o l’altro elemento possono essere predominanti. La pariteticità tra questi due elementi è un fattore di capitale importanza nel processo che ha visto cambiare lo statuto ontologico del videoclip da semplice veicolo promozionale a forma audiovisiva breve dotata di una propria autonomia, in grado di sintetizzare un nuovo linguaggio, capace in molti casi di trascendere la funzione meramente commerciale.

 

Il fatto che, in Come to Daddy come in Rubber Johnny, sia stata la musica ad adattarsi alle immagini è segno di una scelta estetica precisa, espressa sinteticamente da Chris Cunningham in questi termini: «If I did have any anxiety it would be that the format of the music videos I was doing forces you to make things very robust and structured because the music’s so structured».[2] Nelle tabelle che seguono ho schematizzato le sezioni formali dei brani di Aphex Twin, così come appaiono nel videoclip, affiancate alle sequenze di Come to Daddy e Rubber Johnny, allo scopo di evidenziare il ruolo sintattico che svolge il rapporto tra le due componenti del videoclip. Nel caso di Rubber Johnny, vista la grande differenza formale tra il brano presente sul disco originale e la colonna audio del videoclip, si è ritenuto opportuno fornire anche uno schema riassuntivo della struttura originale del pezzo.

 

Tabella 1: Come To Daddy – schema formale / struttura musicale

 

VIDEOCLIP

TRACCIA AUDIO ORIGINALE*

Sequenza

Inquadrature

Durata
(mm:ss)

Sinossi

Sezioni della composizione

Durata
(mm:ss)

1

1-46

0:00-1:15

Titoli di testa – La vecchia signora con il cane

   

2

47-68

1:16-1:39

L’accensione del televisore

A

0:00-0:23

3

69-97

1:39-1:58

I bambini corrono verso il televisore

A

(entrata della batteria)

0:23-0:48

4

98-112

1:59-2:14

L’incontro

B

0:48-0:59

5

113-133

2:15-2:37

Il trasporto del televisore

A

0:59-1:47

6

134-159

2:38-3:04

Terrore nel parcheggio

7

160-209

3:05-3:48

Il cortile

(con l’inserzione di nuova musica da 3:11 a 3:24)

Percussioni

(musica per bambini)

A

1:47-2:20

8

210-256

3:49-4:37

L’evocazione

C

2:20-3:07

9

257-265

4:38-5:00

Alla corte di Aphex Twin

A

3:07-3:30

10

266-368

5:01-5:50

Il ballo della creatura – Titoli di coda

Percussioni

3:30-4:21

* APHEX TWIN, Come To Daddy, Warp Records, 1997 (WAP094)

 

 

***

 

Tabella 2: Rubber Johnny – schema formale / struttura musicale

 

VIDEOCLIP

TRACCIA AUDIO ORIGINALE**

Sequenza

Inquadrature

Durata
(mm:ss)

Sinossi

Sezioni della composizione

Durata
(mm:ss)

1

1-3

0:00-1:20

Rubber Johny e il padre

   

2

4-14

1:21-2:09

Titoli di testa – La cantina e il cane

   

3

15-25

2:10-3:19

Il ballo di Rubber Johnny – 1

A1

0:00-1:09

4

26-27

3:20-3:26

Rimprovero del padre – 1

B (ridotta)

1:09-1:13

5

27-38

3:27-3:44

Il ballo di Rubber Johnny – 2

A2 (ridotta)

1:27-1:51

6

49-60

3:45-4:37

Il nascondino

A3 (entra in fade-in da n. 4:10, inquadratura del ‘ballo’)

2:17-2:45

7

61-68

4:38-5:07

Rimprovero del padre – 2

   

8

69-71

5:08-6:00

Titoli di coda

   

** APHEX TWIN, Drukqs, 2CD, Warp Records WARPCD92, 2001

 

 

***

 

Tabella 3: afx237v.7 (versione Druqks) – schema formale

 

Sezioni

Durata
(mm:ss)

A1

0:00 - 1:09

B

1:09 - 1:27

A2

1:27 - 2:05

C

2:05 - 2:17

A3

2:17 - 3:47

D

3:47 - 4:15

In Come to Daddy le differenze tra decorso musicale e sequenze audiovisive sono minime: rispetto alla versione su disco il videoclip aggiunge una parte introduttiva (corrispondente a S1), composta di rumori ed effetti elettronici, mentre da S2 in poi viene ripresa la struttura del pezzo così come appare sul disco. L’unica eccezione è l’inserzione di un frammento di una musica dolce, cantata da voce femminile e connotata come musica per bambini (3:11-3:24), accompagnata all’immagine dei bambini che saltellano entrando nel cortile (S7), introdotta per estremizzare il contrasto tra la supposta innocenza infantile a la qualità diabolica dei bambini ritratti in questo video. La corrispondenza sintattica tra sezioni musicali e sequenze visive è sempre rispettata, tranne che nelle prime inquadrature di S6. In questo momento la logica che ha regolato gli altri punti di sincronizzazione tra immagine e suono dovrebbe imporre che la nuova strofa (A, nello schema) inizi insieme a questa sequenza. In realtà A inizia qualche secondo prima, all’inquadratura n. 132 di S5, per permettere a Cunningham di mostrare la faccia deformata di Aphex Twin che ‘canta’ dentro il televisore. Un dettaglio che sembra essere una sorta di ‘omaggio’ alle convenzioni del videoclip, inserito intenzionalmente e, molto probabilmente, con valenza ironica.

 

In Rubber Johnny la manipolazione del pezzo che fa da colonna audio al videoclip è più radicale. Rispetto alla forma di afx237v.7 presente su Drukqs, strutturata come una forma rondò, con A che si ripete con variazioni opposto alle sezioni B, C, D che sono tutte e tre diverse, Cunningham ha mantenuto in forma integrale o semi-integrale le parti A1, A2, A3, eliminando le altre sezioni. L’unica eccezione è la ripresa di B all’inizio di S4, che però subito sfuma, sommersa dagli improperi del padre di Johnny. Per il resto la dimensione sonora del videoclip è composta di rumori campionati e assemblati dal regista allo scopo di sonorizzare l’ambiente della cantina, non presenti nella traccia originale pubblicata su Drukqs. Risulterà allora chiaro come Cunningham abbia adattato il pezzo intitolato afx237v.7 alle proprie esigenze audiovisive, rendendolo dal punto di vista musicale un'altra composizione, che senza la controparte visuale perderebbe la sua logica interna. Tale diversa configurazione del rapporto tra musica e immagine indica anche una precisa scelta di campo estetica: da un lato Cunningham rifiuta la centralità della canzone come oggetto da promuovere per mezzo del videoclip, dall’altro fonde le proprie competenze con quelle del musicista, creando una sorta di macro-autore, responsabile in toto del risultato artistico dell’operazione.

 

A livello microformale il rapporto tra suono e immagine è definito soprattutto dal ruolo di due elementi: il montaggio, in Come to Daddy, e gli effetti di morphing digitale dell’immagine, in Rubber Johnny. Nel primo caso si nota come il ritmo del montaggio vada di pari passo con l’intensità generale della colonna audio, legandosi alla maggiore e minore densità degli strati percussivi. Se si esamina, ad esempio, l’ultima sequenza del video (S10, da 5:01 a 5:50) si possono notare circa un centinaio tra cambi di inquadratura e tagli, in media due per secondo, in corrispondenza con una sezione totalmente costruita tramite la sovrapposizione di una moltitudine di linee percussive. Le immagini, inoltre, sono spesso ripetute a breve distanza le une dalle altre, sia identiche sia riprese da diverse angolazioni, mettendo in atto quel meccanismo di ‘prisma’ di cui parla Chion a proposito del videoclip quando sostiene che il montaggio, in questa forma, è un mezzo per creare una sensazione di ‘polifonia visiva’ sulla base di un’immagine alla volta.[3]

 

Nel caso di Rubber Johnny il rapporto microformale tra suono e immagine è sottolineato dall’uso di tecniche di post-produzione dell’immagine come il morphing e l’editing digitale dei singoli fotogrammi, che sono stati fatti aderire nel modo più fedele possibile ai principali eventi del pezzo musicale. Grazie a queste tecniche Cunningham raggiunge lo stesso effetto di concitazione visiva che in Come to Daddy era ottenuto estremizzando la velocità del montaggio. L’uso intensivo dei procedimenti di modificazione dell’immagine rendono possibile un montaggio molto meno frenetico rispetto a quello del videoclip precedente, con un totale di poco più di settanta cambi di inquadratura e tagli di pellicola, in un lasso di tempo praticamente identico. Sempre a questo proposito è da notare come, nonostante il ritmo del montaggio in Rubber Johnny sia più lento di quello di Come to Daddy, i due brevi audiovisivi siano accomunati dall’uso di una serie di inquadrature ricorsive, che hanno la funzione di accentuare ulteriormente quell’effetto prismatico caratteristico della forma del videoclip.

 

Dopo aver approfondito il rapporto sinestetico nella direzione che va dal suono alle immagini, si passerà ora a illustrare il percorso inverso, ossia quale ruolo assumano queste ultime rispetto agli eventi sonori ai quali sono sincronizzate. In questo modo il discorso si sposterà dal livello formale-sintattico a quello semantico, in quanto il suono, attraverso il suo saldarsi a determinate immagini o effetti visivi, acquista un significato, creando un vocabolo audiovisivo che nasce dall’unione di questi due differenti linguaggi.

 

Due esempi particolarmente evidenti si trovano in Come to Daddy. Il primo è costituito dall’effetto di distorsione del suono che all’inizio del videoclip viene fatto corrispondere alle scariche statiche dell’accensione del televisore, mentre nel proseguimento diventerà l’effetto applicato alla parte di voce e chitarra. Tramite questa identificazione non solo viene messo in atto un meccanismo per cui lo spettatore diventa consapevole della presenza del televisore acceso anche quando questo non è inquadrato, ma si raggiunge anche il risultato di connotare tutto ciò che fuoriesce da quello schermo come qualcosa di distorto, negativo, capace perfino di plagiare le coscienze di creature innocenti come i bambini. Inoltre, è interessante quest’uso dell’immagine della televisione perché rappresenta un vero e proprio topos all’interno del genere del videoclip (è, infatti, il luogo stesso della performance), caratterizzato come fonte di uno spettacolo grottesco, spaventoso, capace di generare veri e propri mostri. Il secondo esempio è dato dall’immagine del bastone passato su sbarre o inferriate dai bambini, che viene identificato con una ‘rullata’ di percussioni elettroniche in numerose occasioni durante il videoclip. In questo caso il suono percepito non è reale, ma viene fatto corrispondere a un evento visivo che ne riproduce il decorso ritmico e che si salda ad esso in modo indissolubile, rendendo possibile l’identificazione tra immagine reale e suono irreale, non corrispondente a quella che è la nostra percezione reale.

 

Altri casi particolarmente chiari di questo tipo di rapporto semantico tra immagine e suono si trovano all’interno di Rubber Johnny. Ad esempio, le percussioni dalle frequenze più alte sono associate ai raggi laser durante le sequenze di ‘ballo’ del protagonista, facendo corrispondere a un suono dall’attacco e dal decadimento rapidissimo l’immagine del fascio di luce che passa a grande velocità sullo schermo. La cassa della batteria elettronica è invece legata ai lampi di luminosità applicati alle immagini e all’impatto della faccia del protagonista con la telecamera (fine di S6). Nel primo caso la sinestesia tra immagine e suono riproduce il meccanismo delle luci stroboscopiche, nel secondo caso la cassa ‘mima’ il rumore reale del contatto violento, ricreando quel meccanismo di associazione tra immagine reale e suono irreale già esemplificato a proposito di Come to Daddy. Un ultimo esempio di semantizzazione del suono è particolarmente interessante perché spiega anche quale sia stata l’idea alla base della genesi di Rubber Johnny. Come ha spiegato lo stesso Cunningham in un’intervista di presentazione del video rilasciata alla rivista online Pixelsurgeon: «The bass line in the track sounded like an elastic band to me and so I got the idea of someone shapeshifting like a piece of chewing gum, whilst raving. The title Rubber Johnny just seemed to fit the character and shapeshifting idea really well».[4] In questo caso si è di fronte a un processo in cui una caratteristica del suono, la ‘gommosità’ probabilmente evocata dalla rapidità e dalla qualità scalare dei movimenti melodici della linea di sintetizzatore, è stata lo stimolo principale per il concept del prodotto audiovisivo, arrivando al risultato di unire indissolubilmente una caratteristica strutturale della musica a un effetto di morphing visivo.

Dal convergere dei rapporti reciproci suono/immagine e immagine/suono che si sono esposti nelle pagine precedenti si può concludere che il minimo comune denominatore al quale si possono ridurre questi processi sia l’idea del ritmo, a diversi livelli:

 

 – macroformale, come ritmo della narrazione che regola la successione delle sezioni costitutive del brano musicale e delle corrispondenti sequenze audiovisive;

– microformale, come ritmo del montaggio e degli effetti di morphing, che seguono nelle loro variazioni i principali eventi sonori;

– semantico, come concretizzazione visiva degli eventi, soprattutto percussivi, e degli effetti di modificazione del suono.

 

Infine, il ritmo trova un’ulteriore rappresentazione associandosi ai movimenti del corpo del protagonista nelle scene di ‘ballo’ presenti all’interno dei due videoclip (Come to Daddy, S13; Rubber Johnny, S3, S5). Alla qualità principale della musica, che è fondata sul gioco delle entrate di una serie molto nutrita di eventi ritmici, è associato a livello visivo un modo di muoversi a tempo di musica che è irreale, grottesco, interpretato da creature che non sembrano avere più molto di umano. Tale caratterizzazione del movimento a tempo di musica sembra allora essere un elemento antifrastico: mentre si rappresenta il ballo in modo così grottesco, il messaggio complessivo sembra comunicare, al contrario, che quella che si sta ascoltando non è musica funzionale a questo scopo. Al contrario questa musica presuppone un diverso tipo di fruizione da parte del pubblico, al quale si richiede attenzione nel cogliere le sottigliezze del trattamento del suono e delle sovrapposizioni sempre cangianti dei pattern ritmici.

 

Dalle considerazione precedenti il ritmo, come concetto declinato secondo diversi punti di vista, emerge come dimensione costitutiva e caratterizzante il linguaggio audiovisivo di Come to Daddy e Rubber Johnny, in grado di raccogliere sotto un comune denominatore le varie tipologie di rapporti che si vengono a creare tra immagine e suono.

 

Si vuole concludere quest’esame delle sinestesie audiovisive nei videoclip di Aphex Twin e Chris Cunningham presentando alcune considerazioni riguardanti il loro significato e la posizione che assumono all’interno del genere di cui fanno parte. Entrambi sono due prodotti di rottura rispetto al linguaggio ‘classico’ del videoclip, di cui sembrano riconfigurare completamente le caratteristiche fondamentali esposte nelle prime pagine, con il completo rifiuto di alcune di esse e l’uso totalizzante delle altre:

 

1. Brevità: in entrambi i videoclip la durata del brano musicale e del prodotto audiovisivo non corrispondono, negando in questo modo la centralità della canzone (la merce da promuovere) nella costruzione del prodotto audiovisivo, che può anche estendersi al di là degli originari confini temporali del pezzo originale;

2. Carattere promozionale: in entrambi gli esempi quello che dovrebbe essere il protagonista indiscusso, cioè il musicista, è trasformato in una creatura grottesca (Come to Daddy) oppure è totalmente assente (Rubber Johnny). C’è quindi un consapevole rifiuto delle strategie di fascinazione più ovvie nei confronti del pubblico, che viene invece messo di fronte a una sorta di specchio oscuro del proprio mondo e dei propri ambienti quotidiani;

3. Linguaggio sperimentale: è estremizzato al massimo grado, con l’obiettivo di rompere le convenzioni dell’immagine televisiva e cinematografica. Viene utilizzato un tipo di espressione audiovisiva programmaticamente poco adatta al grande pubblico, nutrita dalle suggestioni di generi come l’horror o lo splatter;

4. Sinestesia: il cui ruolo riguarda la dimensione sintattica non meno di quella semantica, e ha una fondamentale importanza nel definire la narrazione e i modi di trasmissione del significato.

 

Un tale tipo di linguaggio sembra utilizzare le caratteristiche strutturali del videoclip per arrivare a un diverso tipo di audiovisivo, mettendo tra parentesi le caratteristiche più spiccatamente commerciali di questa forma e calcando l’accento sugli elementi più legati alla sperimentazione visiva, alla ricerca artistica. Tale operazione si adatta perfettamente una citazione dal volume di Paolo Peverini dedicato al videoclip, che mette in relazione questi tentativi artistici presenti nel panorama audiovisivo con il concetto di ‘avanguardia di massa’ di Walter Benjamin: «Le nuove culture giovanili si definiscono progressivamente come ‘avanguardia di massa’, dando vita a un complesso processo di rielaborazione che mira a sincretizzare le istanze provenienti dalla popular culture con gli stilemi e il potenziale trasgressivo delle avanguardie storiche».[5]

 

Sitografia

(giugno 2008)

 

CHRIS CUNNINGHAM, Intervista a, «Pixelsurgeon», s.d.
http://www.pixelsurgeon.com/interviews/interview.php?id=181

—————, Intervista a, a cura di Nicky Bidder, «Dazed and Confused», 70, s.d.
http://www.director-file.com/cunningham/pr13.html

 

Videografia

 

Warp Vision. The Videos 1989-2004, London, Warp Records WARPD122X, 2004;

CHRIS CUNNINGHAM, Rubber Johnny, London, Warp Records WF003DVD, 2005.

 

Discografia

 

APHEX TWIN, Come To Daddy, Warp Records WAP094, 1997;

—————, Drukqs, 2CD, Warp Records WARPCD92, 2001.

 

Bibliografia

 

ALESSANDRO AMADUCCI – SIMONE ARCAGNI, Music video, Torino, Kaplan, 2007;

MICHEL CHION, L’audiovisione. Suono e immagine nel cinema, Torino, Lindau, 20012;

BRUNO DI MARINO, Clip. 20 anni di musica in video (1981-2001), Roma, Castelvecchi, 2001;

DOMENICO LIGGERI, Musica per i nostri occhi. Storie e segreti di videoclip, Milano, Bompiani, 2007;

PAOLO PEVERINI, Il videoclip. Strategie e figure di una forma breve, Roma, Meltemi, 2004.

 

 

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[Bio] Alessandro Bratus è dottorando di ricerca in Musicologia presso il Dipartimento di Scienze Musicologiche e Paleografico-Filologiche dell’Università di Pavia. Interessi particolari della sua attività di ricerca sono la produzione di concept-album e suite dei Pink Floyd e i Basement Tapes di Bob Dylan nel quadro della produzione degli anni Sessanta.

E-mail: alessandro.bratus@gmail.com

Alessandro Bratus is a Ph.D. student in Musicology at Department of Musicological Science of the University of Pavia. His research activity is concentrated on the concept-album and suite production of Pink Floyd and on Bob Dylan’s Basement Tapes in the American culture of the Sixties.

[1] Cfr. MICHEL CHION, L’audiovisione. Suono e immagine nel cinema, Torino, Lindau, 20012, p. 162; e PAOLO PEVERINI, Il videoclip. Strategie e figure di una forma breve, Roma, Meltemi, 2004, p. 60.

[2]  CHRIS CUNNINGHAM, Intervista a, a cura di Nicky Bidder, «Dazed and Confused», 70, s.d.

http://www.director-file.com/cunningham/pr13.html.

[3] CHION, L’audiovisione, cit., p. 161.

[4] CHRIS CUNNINGHAM, Intervista a, «Pixelsurgeon», s.d., disponibile all’indirizzo: http://www.pixelsurgeon.com/interviews/interview.php?id=181.

[5] PEVERINI, Il videoclip, cit., p. 33.

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