ALBIERO :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

 

Contributo di Laura Albiero

 

Forme neumatiche dell’Italia settentrionale: un elemento di localizzazione?

 

 

Accade spesso, nel connubio non sempre lineare tra studiosi ed istituzioni, che le esigenze di ricerca e di conoscenza dei primi rimangano disattese, vuoi per mancanza effettiva di risorse atte a soddisfare onerose richieste, vuoi per un semplice, e talvolta inutile, eccesso di zelo nella preservazione di materiale raro e pregiato. In tal senso, acquistano agli occhi dei ricercatori rilievo maggiore quelle iniziative che si pongono nel segno di una maggiore disponibilità e apertura, consentendo la reiterata consultazione e talora la riproduzione del patrimonio custodito: in questa direzione si colloca l’attività di riordino e catalogazione di migliaia di frammenti membranacei promossa dall’Archivio di Stato di Pavia, frammenti in origine appartenenti a libri liturgici e successivamente riutilizzati, a codice smembrato, come rinforzo di copertina delle filze notarili. Il lento e delicato lavoro di rimozione delle pergamene dalle coperte ha dato vita ad un cospicuo quanto prezioso fondo, il Fondo Frammenti, rimasto fino a pochi anni fa escluso dall’attenzione degli studiosi, fino a quando il paziente e instancabile pellegrinaggio di ricerca intrapreso dal prof. Giacomo Baroffio non ne ha messo in evidenza il valore storico, musicale, liturgico, destando nuovi interessi e nuove energie. Tra i frammenti spicca con particolare evidenza un piccolo gruppo, provvisto di notazione musicale, il cui esame solleva alcune perplessità, non ultime quelle di ordine metodologico, e stimola a qualche riflessione.

La datazione e la localizzazione dei testimoni, ancorché problematica, rimane uno dei principali e fondamentali compiti dello studioso, quando non un lavoro preliminare al fine di creare dei gruppi omogenei su cui svolgere un’indagine. Se per la determinazione del dato cronico si pone come strumento privilegiato il confronto paleografico, ossia l’analisi delle scritture e del loro grado di evoluzione, sempre in relazione alla provenienza centrale o periferica dei codici, il problema della localizzazione si presenta di maggiore complessità in relazione alla presenza o all’assenza degli elementi che concorrono alla definizione del luogo di provenienza. Né aiuta conoscere l’attuale ubicazione dei testimoni, giacché il luogo di conservazione non necessariamente coincide con quello di produzione e, talora, con quello di fruizione di un prodotto librario; spesso nessuna testimonianza ci è giunta sulla circolazione di un codice, sul luogo di copiatura e di destinazione, e tanto meno ciò accade per i membra disiecta, veri e propri frammenti di manoscritti, quasi mai riconducibili in numero cospicuo ad uno stesso codice originario.

I testimoni che recano la notazione musicale offrono uno strumento ulteriore ai fini della localizzazione, vale a dire la forma con cui alcuni neumi si presentano, forma che talora viene considerata tipica, se non esclusiva, di una certa area geografica, e che determina l’appartenenza o meno ad una ‘famiglia neumatica’. Ma è sufficiente che un testimone, recante un particolare tipo di notazione, sia con certezza attribuito ad un centro di copia, per considerarne la grafia neumatica peculiare di quella zona? I problemi inerenti alla definizione del dato topico trovano un’ideale esemplificazione nel confronto tra le forme neumatiche presenti nei frammenti dell’Archivio di Stato di Pavia qui descritti in breve:

Frammento 290

Messale, mm 347 x 256

Italia Settentrionale (Vercelli), sec. XIin

Notazione: neumatica adiastematica in campo aperto.

Presenta una grafia accurata e minuta, caratterizzata dal pes angolare, dal torculus e dallo scandicus di tipo francese:

 

torculus

scandicus

pes

torculus

scandicus

 

Tuttavia altre forme tradiscono una maggior vicinanza con forme piemontesi, come la clivis arrotondata e il porrectus:

 

porrectus

 

clivis

porrectus

 

 

L’area di provenienza, desunta da elementi liturgici, sembra qui ben rappresentata da una notazione che evidenzia influssi e contaminazioni tra aree geografiche limitrofe; la sola concomitanza di questi due fattori, verificatisi peraltro in un unico frammento, non è sufficiente ad assumere la notazione qui presentata come peculiare della zona vercellese.

Frammento 323

Messale-Rituale, mm 204 x 148

Italia Settentrionale, sec. XI1

Notazione: neumatica adiastematica in campo aperto.

Sono presenti, accanto a neumi dalla forma molto comune, alcune particolarità, come pes e clivis angolari, che troviamo nella notazione francese:[1]

 

clivis

 

pes

clivis

 

 

Curiosa è la forma del porrectus, assai dissimile dalle grafie normalmente utilizzate nell’Italia Settentrionale, ma stranamente affine al porrectus del codex Angelicus 123:[2]

 

porrectus

porrectus

torculus

porrectus

porrectus

torculus

 

A ben vedere, anche il torculus con il primo elemento sviluppato a ricciolo trova somiglianza con il corrispettivo neuma del codice bolognese.

 

Frammento 1120

Messale, mm 355 x 249

Italia Settentrionale, sec. XI1

Notazione: neumatica adiastematica in campo aperto.

Anche nelle forme presenti in questo frammento troviamo influenze francesi, nel pes e nella clivis angolari:

 

pes

clivis

 

pes

clivis

 

 

Ma troviamo anche il porrectus con il primo elemento arrotondato, forma che sarà diffusa nei codici provenienti da Novalesa:

 

porrectus

   

porrectus

   

 

Frammento 1133

Messale, mm 278 x 115

Italia Settentrionale, sec. XIIex

Notazione: neumatica diastematica su sistema bilineare a righe colorate.

Si tratta di un frammento con notazione diastematica, le cui forme non concorrono a definire il luogo di copiatura del codice originario.

 

Frammento 1385/3

Messale, mm 247 x 33

Italia Settentrionale, sec. XII1

Notazione: neumatica diastematica su sistema bilineare a righe colorate.

Anche qui siamo in presenza di notazione diastematica, tuttavia la forma dei pochi segni visibili si avvicina a quella dei neumi di origine pavese vergati nel codice di Acqui Terme, Biblioteca del Seminario n. 1.[3]

 

Frammento 1867

Messale, mm 274 x 193

Italia Settentrionale, sec. XIIex

Notazione: neumatica adiastematica in campo aperto.

Si tratta di un frammento molto danneggiato, in cui i neumi sono a malapena identificabili, e presenti in misura modesta.

 

Frammento 1958

Messale, mm 302 x 243

Italia Settentrionale, sec. XI1

Notazione: neumatica adiastematica in campo aperto.

Anche in questo caso l’esiguità del frammento e il concorso di fattori che hanno seriamente compromesso la leggibilità del testo rendono difficoltoso l’esame dei segni ravvisabili. Tuttavia la presenza del tractulus ad uncino fa sospettare un’influenza dall’area comasca.

 

Frammento 2444

Messale, mm 299 x 160

Italia Settentrionale, sec. XI

Notazione: neumatica adiastematica in campo aperto.

La grafia musicale appare poco elegante e ricca di elementi angolari: non solo pes e clivis ma anche il torculus evidenzia un tratteggio marcato e spezzato:

 

pes

clivis

torculus

pes

clivis

torculus

 

Appare evidente come, pur trattandosi di libri che dovevano circolare in un’area ristretta, le contaminazioni tra aree di influenza diversa siano ben presenti e diano luogo a una molteplicità di soluzioni che risulta difficile comporre in un quadro omogeneo, in cui ogni grafia disegni una propria storia e una propria evoluzione. Sembra piuttosto che, almeno per quanto riguarda l’Italia Settentrionale, diverse tradizioni – siano esse diffuse in aree territorialmente consistenti o siano invece confinate entro le mura di un singolo scriptorium – vengano in contatto creando delle zone di intersezione da cui nascono forme ibride, sia per lo spostamento, ancorché sporadico, di monaci e libri da un luogo all’altro, sia per occasioni fortuite di incontro, scambio, confronto. L’identificazione di una notazione neumatica come prodotto recante specifici elementi di una determinata area geografica può avvenire soltanto in un determinato contesto:[4] quando abbiamo, da un lato, un centro di copia autonomo e autoreferenziale, capace di elaborare e mantenere viva una propria tradizione grafica, e dall’altro una serie di testimoni recanti caratteristiche grafiche specifiche e attribuibili, con un certo margine di sicurezza, ad uno stesso centro di copia. Un contributo significativo potrebbe venire proprio dall’analisi di migliaia di frammenti che costituiscono una labile ma tangibile testimonianza dell’universo culturale e del patrimonio librario della civiltà medioevale; frammenti che giacciono sparsi in biblioteche e archivi di tutto il mondo, talora non ancora resi noti o sufficientemente valorizzati; frammenti la cui consultazione è sovente resa difficoltosa da tempi e distanze dilatati in maniera esponenziale – paradossalmente, in un’epoca in cui tempi e spazi tendono a ridursi con la medesima drasticità. In questo contesto la digitalizzazione del patrimonio librario,[5] con un’attenzione particolare al suo lato più fragile, vale a dire ai testimoni in condizioni precarie, frammenti compresi, appare come la soluzione maggiormente idonea a far fronte, da un lato, alla preoccupazione degli addetti alla custodia di preservare il materiale prezioso dall’usura continua della fruizione, dall’altro all’esigenza degli studiosi di avere a disposizione, nel più breve tempo possibile, il maggior numero di testimoni sui quali operare la propria indagine – soprattutto nel caso, qual è quello dei disiecta membra, in cui un codice si trovi ad essere suddiviso tra due o più luoghi di conservazione.

Tavola dei neumi

 

FRAMM.

NOTAZ.

SEC.

PES

CLIVIS

TORCULUS

PORRECTUS

CLIMACUS

SCANDICUS

290

bretone

XIin

pes

clivis

torculus

porrectus

climacus

scandicus

323

bretone + Bologna

XI1

pes

clivis

torculus

porrectus

scandicus

1120

bretone + Novalesa

XI1

pes

clivis

torculus

porrectus

climacus

scandicus

1133

Italia Sett.

XIIex

pes

clivis

torculus

     

1385

Italia Sett.

XII1

pes

clivis

torculus

porrectus

climacus

scandicus

1867

francese

XIIex

pes

clivis

torculus

porrectus

climacus

 

1958

metense (Como?)

XI1

pes

   

porrectus

   

2444

francese + Piemonte + Bologna

XI

pes

clivis

torculus

porrectus

climacus

 
 

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[Bio] Laura Albiero è laureata in Musicologia. Attualmente frequenta il primo anno della Scuola di Specializzazione in Beni Archivistici e librari della Civiltà Medievale presso l'Università degli Studi di Cassino.
e-mail laura.albiero@tiscali.it

[1] Si veda il codice 47 della Biblioteca di Chartres, un Antifonario della Messa del X secolo. Cfr. Paléographie Musicale, xi.

[2] Si tratta di un Graduale-Tropario del secolo undecimo custodito presso la Biblioteca Angelica di Roma e proveniente da Bologna. Paléographie Musicale, XVIII.

[3] Cfr. LEANDRA SCAPPATICCI, Cronaca di due codici gemelli, in La sobria ebbrezza dello spirito. Il canto gregoriano ad Acqui, a cura di Giacomo Baroffio e Leandra Scappaticci, «Iter», 4, 2005, pp. 21-26.

[4] Cfr. PAOLA SUPINO MARTINI, Sul metodo paleografico: formulazione di problemi per una discussione, «Scrittura e Civiltà», XIX, 1995, pp. 5-29.

[5] Cfr. EZIO ORNATO, Bibliotheca Manuscripta Universalis. Digitalizzazione e catalografia: un viaggio nel regno di Utopia?, «Gazette du Livre Médiéval», 48, 2006, pp. 1-13.

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