Giovanni Maria Lanfranco teorico degli strumenti musicali e il suo tempo

Elena Ferrari Barassi - Università di Pavia

Abstract


Lanfranco per le Scintille di musica (1533) dichiara di scegliere la lingua italiana comune, non un’aulica lingua toscana. Riferisce l’intonazione di diversi cordofoni e magnifica l’eccellenza di liutai e organari bresciani. La famiglia delle «violette» (= violini) è teorizzata in parallelo con Agricola, Ganassi, Jambe de Fer, Zacconi, Praetorius. Egli tratta la classificazione degli strumenti e analizza la scala dell’arpa diatonica e soprattutto quella delle tastiere, da un lato usando la terminologia della scala vocale e dall’altro ricorrendo al calcolo degli intervalli. Chiama «monochordo», oltre quello antico, il clavicordo; quest’ultimo termine, usato da Zwolle, Virdung, Agricola, allora era sconosciuto in Italia; particolari costruttivi dello strumento si trovano riportati, oltre che da Zwolle, anche da Paulirinus Anselmi, Burzio. Delle tastiere Lanfranco tratta l’estensione e i «tasti neri» anche intesi come «musica fitta» (= ficta). Propone un temperamento inequabile empirico ottenuto col «participare» approssimativamente le consonanze pitagoriche. Una linea teorica unisce Lanfranco ad altri autori come Beldomandi, Hothby, Johannes Gallicus, Pareja, Gaffurio, Spataro, Schlick, Aron.

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DOI: http://dx.doi.org/10.6092/1826-9001/15.1796

Registrazione presso la Cancelleria del Tribunale di Pavia n. 552 del 14 luglio 2000 – ISSN elettronico 1826-9001 | Università degli Studi di Pavia Dipartimento di Musicologia | Pavia University Press

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