Le tibiae sarranae di Plauto

Francesco Scoditti - Università degli Studi di Bari

Abstract


Il musicista «Marcipor» utilizzò per lo Stichus plautino una musica destinata alle tibiae sarranae. Sarra è l’antico nome punico di Tiro in Fenicia. Sappiamo dal grammatico Servio (V secolo d.C.) che le sarranae erano considerate pares, entrambe con gli stessi suoni e numero di fori, tibiae scelte dal musicista per accompagnare la vivace danza finale dello Stichus. I Greci conoscevano un particolare aulos proveniente, come le sarranae, dai territori della Fenicia, il cosiddetto ghingras; il suono doveva essere molto acuto e lamentoso. In un pannello di Mitilene del III secolo a.C. è rappresentata una scena tratta dalla Theophoroumenē di Menandro. Vi si nota un piccolo personaggio che ha in mano un bastoncino diritto, forse uno skytalion, un monaulos diffuso anch’esso soprattutto in Egitto e Fenicia. L’insieme di queste immagini documenterebbe un differente e originale utilizzo di strumenti particolari, mediterranei e orientali, quali il ghingras e lo skytalion, suonati in una situazione vivace estremamente congeniale a timbri assai acuti, come appunto una scena di danza. Si può quindi ipotizzare che Plauto e poi Terenzio, nel loro costante riferimento ai modelli della Commedia Nuova, abbiano tenuto conto dell'utilizzo di strumenti acuti di origine e carattere orientale in particolari scene di danza, come appunto le fenicie tibiae sarranae, simili al ghingras. Non è da escludere che scelte strettamente musicali del teatro plautino, quali appunto la propensione per certi tipi di strumenti, abbiano risentito anche di modelli desunti direttamente dal teatro di Menandro, dove appunto la presenza della musica non era del tutto scomparsa.

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DOI: http://dx.doi.org/10.6092/1826-9001.7.378

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