Angela Ida De
Benedictis
Intolleranza 1960 di Luigi Nono:
Opera o Evento?[*]
Premessa
Il 13 aprile 1961, nel corso del XXIV Festival
Internazionale di Musica Contemporanea di Venezia, fu rappresentata
al Teatro La Fenice Intolleranza 1960, «azione scenica
in due parti su un’idea di Angelo Maria Ripellino. Musica di
Luigi Nono».[1] Con questo esordio il compositore, allora
sulla soglia dei trentasette anni, poneva di fatto fine a un
decennio di ripensamenti, abbandoni e rinvii, scandito dal
susseguirsi di progetti teatrali mai realizzati.[2]
L’opera annunciata era di portata
rivoluzionaria: nel linguaggio musicale, nei mezzi scenotecnici,
nei contenuti. Nell’opera realizzata, invece, tali premesse
furono mantenute in proporzioni differenti a seconda che si
consideri la sua genesi creativa o che ne si studino gli effetti.
Sicuramente essa risultò nel panorama musicale coevo un
‘evento’ (inteso come «punto di intersezione di
azioni e di strutture»[3] storicamente
determinate) la cui eco sarebbe risuonata per oltre due anni nelle
pagine di quotidiani e riviste specializzate giungendo repentina,
all’indomani della prima, fino agli alieni seggi del
Senato.[4] Le varie posizioni critiche del dibattito
possono ricondursi sostanzialmente a due: Intolleranza come
‘prodotto di parte’ piuttosto che Intolleranza
come ‘prodotto d’arte’, a seconda della maggiore
o minore consentaneità verso la qualità dei suoi
contenuti. In entrambe le visioni il coté politico
– dell’autore prima che dell’opera –
prevalse su quello musicale e ne condizionò di fatto
l’intera ricezione, e questo sia che si parlasse di
«capolavoro indiscusso», sia che si liquidasse il dramma
come «velleitario» o «mancato».[5] Con raro
virtuosismo retorico vi fu chi arrivò a stigmatizzare
l’inconsistenza drammaturgica dell’opera proprio in
virtù di una presunta latitanza della dimensione
«impegnata» e «intollerante» promessa fin dal
titolo.[6] Più radicale il rifiuto di Gian
Francesco Maliepiero, il quale dichiarò – ironizzando
sull’opera e su alcune frasi scritte da Nono in
Possibilità e necessità di un nuovo teatro
musicale – che «questi programmi valgono per i
comizi elettorali, non per una qualsiasi arte nuova».[7] Per
Fedele D’Amico (mosso a riflessione dalle tesi di Bortolotto)
nulla era meno rivoluzionario di un’opera nella quale
«l’antagonista», causa delle tragedie e delle
peripezie rappresentate nel dramma, «non ha volto» e in
cui in definitiva:
un personaggio non altrimenti qualificato che come
uomo buono buono buono è vittima di altrettanto anonimi
personaggi cattivi cattivi cattivi, senza che delle origini e
ragioni e situazioni delle rispettive bontà e malvagità
ci si fornisca la mènoma informazione […].[8]
Il critico intravedeva così in questa
«protesta senza indirizzo» uno iato tra intenzioni e
risultati che, nella realtà, era ben altro e forse ben
più radicale di quanto egli potesse immaginare.
***
Iniziò tutto dal mio entusiasmo per il teatro di
Mejerchol’d e Piscator. Mario Labroca, che dirigeva allora la
Biennale, mi invitò a scrivere, in tre mesi,
un’«opera». Era un’occasione unica. Mi
rivolsi a Ripellino con la massima insistenza, chiedendogli di
scrivermi un testo per un teatro spaziale dopo Mejerchol’d e
Piscator. Ripellino accettò.[9]
Se si dovesse dare completo credito ai ricordi
rievocati da Nono a circa ventisette anni di distanza, ci si
troverebbe a datare erroneamente al gennaio 1961 una proposta che
fu invece estesa da Labroca (con circa un anno di anticipo rispetto
alla data della prima) nel maggio del 1960.[10] A questa data i
rapporti con Ripellino erano ormai avviati da tempo: fin
dall’11 gennaio 1960 Nono gli aveva chiesto epistolarmente la
«collaborazione totale» per «fissare il testo»
di un’opera (cfr. Appendice, Doc. 1).[11] Se le
parole rivolte al letterato in quella che a tutti gli effetti
potrebbe essere intesa come una ‘lettera-manifesto’
rivelano incertezza in merito alla destinazione del lavoro –
immaginato in questa prima fase per l’inaugurazione del
teatro di Darmstadt, prevista per il 1964 –, al contrario, le
idee relative al rapporto tra parola musica e scena sono quantomai
chiare. Il rifiuto di ogni convenzione operistica tradizionale
è totale: per Nono il nuovo teatro musicale deve ripartire dal
punto in cui le sperimentazioni delle avanguardie russo-tedesche si
erano interrotte, nel tentativo di ricostruire uno strappo creatosi
all’interno dello stesso teatro di parola. Nell’opera
in fieri sarebbero confluite tutte le tematiche e le
personali conquiste tecnico-compositive – la nuova
vocalità, la ‘simultaneità’, la
spazializzazione elettroacustica del suono, ecc. – istanze
pratiche accompagnate a più generiche riflessioni sulla
ripartizione dello spazio scenico e sull’«azione»
in quanto principale veicolo d’informazione. La scena,
sgombra di cantanti e orchestra dislocati dietro il palcoscenico,
è interamente occupata nell’immaginario di Nono da
mimi-attori impegnati in ‘azioni mute’ parallele; ad
altoparlanti e coro il compito di diffondere il canto in sala, alle
proiezioni su tavole e all’azione dei mimi quello di
visualizzare le parole in scena. Anche la fisionomia
dell’evoluzione drammaturgica è ben definita: il tema
principe, «l’intolleranza», è idealmente
sviluppato dal compositore in un decorso non lineare condotto
tramite l’alternanza di più «episodi diversi nel
tempo nell’azione» da avvicendare simultaneamente, in
reciproca interazione e «senza successione nel
tempo».[12]
Ma il progetto si incammina gradualmente verso una
situazione di stasi e a distanza di quattro mesi non si scorge
ancora alcuna evoluzione concreta. È in tale momento che
giunge l’invito di Mario Labroca per la Biennale del 1961
che, sebbene ventilato fin dagli inizi di aprile,[13]
viene dichiarato apertamente da Nono nella lettera spedita a
Ripellino il 25 maggio:
Carissimo Angelo
ultima notizia:
Labroca mi chiede se sarà pronto il nostro lavoro per teatro
per la Biennale Festival 1961.
poiché il festival 1961 sarà solo teatro musicale
(balletti – opere ecc.) e tutto verrà dall’estero,
e lui vorrebbe dare come spettacolo-serata di produzione italiana
il nostro.[14]
La promessa d’una prima stesura del testo
giunge da Roma l’11 di giugno. Il nucleo generatore del
dramma diviene un testo documentario sulla tortura,[15]
spedito da Nono al collaboratore con il duplice invito ad
associarlo ad altri testi di pari portata drammatica e a
strutturare il tutto in due tempi di 2-3 scene ciascuno. Ma la
situazione di stasi si ripropone: dopo mesi di silenzio, il 4
ottobre Ripellino confessa di essere «un poco in cattive
acque» con il libretto promesso.[16] L’impazienza
di Nono comincia a divenire tangibile: alla prima rappresentazione
– programmata in via definitiva per l’aprile
dell’anno a venire – non mancano che sei mesi.
A metà novembre, nonostante il testo verbale sia
ancora lungi dall’esser completo, Nono comincia a tracciare i
primi schemi sull’evoluzione drammaturgica e formale,
basandosi su una sorta di ‘scaletta di
situazioni’.[17] Da questi schizzi si intravede in
nuce quello che sarà il contenuto del libretto di
Ripellino, al quale Nono continua intanto a fornire materiali e
suggerimenti.[18] L’immagine dell’opera
prende forma in dieci scene, cinque per atto; la definizione di
quelle che Nono chiama (sulla scia di Sartre)
«situazioni», si sviluppa su tutti i livelli e coinvolge
ogni più piccolo particolare musicale e scenico. Una cura
particolare è rivolta agli equilibri drammaturgici, alla
simmetria interna e ai rapporti tra le varie scene (cfr. Esempi 1 e
2). Nel viaggio del protagonista, un anonimo emigrante, tragedia e
speranza si alternano in equa proporzione; e all’interno di
questi quadri che esprimono il dramma in canto e azione si
prevedono due balletti, intesi come momenti allegorici di denuncia
delle ‘assurdità quotidiane’.
Esempio 1: Piano generale dell’opera,
schizzo autografo («Q.08», ff. 2r e 3r, ALN, per
gentile concessione).
Esempio 2: Compendio schematico della prima
idea dell’opera.[19]
L’impalcatura generale dell’opera è
definita e tutto è pronto per cominciare a comporre: ciò
che manca è solo il testo definitivo. Agli inizi di
dicembre Ripellino comunica al compositore: «ho quasi finito
il primo atto. (S’intende: è una prima stesura, ma
abbastanza buona). Domani comincio il secondo. Poi limerò
tutto insieme».[20] Ma il compositore sa di non poter
più attendere: prega Ripellino di rifinire la sola prima scena
e comincia contemporaneamente a ricavare dalla stesura provvisoria
del primo atto un dattiloscritto-guida che, secondo la sua abituale
prassi, possa fungere da base per la composizione (cfr. Esempio 3).
Durante questa fase di elaborazione giunge il primo quadro
definitivo, ma la verbosità e l’ampollosità del
dettato lo lasciano perplesso: dopo una drastica selezione operata
da Nono a partire dal testo inviato da Ripellino (cfr. Esempio 4),
nel dattiloscritto finale del compositore non confluiranno che 46
versi, poco meno della metà dei 108 versi originali.[21]
Esempio 3: Dattiloscritto-guida provvisorio
dell’intero primo atto (ALN, per gentile
concessione).[22]
Esempio 4: Angelo Maria Ripellino, I Quadro,
pp. 3-5; dattiloscritto definitivo con interventi manoscritti di
Luigi Nono (ALN, per gentile concessione).
La scrittura della prima scena, ancora fedele allo
schema predisposto, può finalmente cominciare (cfr. Appendice,
Doc. 3): una scaletta di lavoro annotata con mano frettolosa ci
rivela che siamo al 10 di dicembre.[23] A questa data i
contatti l’editore Schott e con i collaboratori per la regia
e le scene sono ormai avviati, e tutti confidano nell’invio
di una partitura di fatto inesistente. Per agevolare le mansioni
editoriali, e in virtù della prossimità della prima, la
casa editrice – nella persona di Otto Sertl – chiede al
compositore di inviare le singole scene, o parti di esse, di pari
passo con la loro composizione.[24] Questa procedura di
spedizioni a singhiozzo, che si protrarrà dalla prima
metà del dicembre 1960 fino alla prima decade del marzo 1961
per un totale di sette invii, costituirà un unicum
nell’attività compositiva di Nono, e influirà
notevolmente sulle successive vicende creative (cfr. Esempio
5).
Esempio 5: Schema generale degli invii alla
casa editrice Schott effettuati in fase di scrittura.
Un primo vistoso allontanamento dal progetto
iniziale interviene infatti proprio nel ricopiare la prima scena
per l’invio all’editore, allorquando Nono si risolve a
suddividerla in due distinte scene. Nel frattempo continuano a
giungere al compositore le singole parti del testo di Ripellino,
quadro dopo quadro: e la delusione provata nel ricevere il primo
invio si trasforma in rabbia nel secondo e completo rifiuto nel
terzo (cfr. Esempio 6).[25] Ma il tempo per
riscrivere un testo non c’è e l’unica soluzione
è quella di riformulare le proprie idee a partire dal libretto
esistente, non disdegnando talora l’aiuto e i suggerimenti
dell’amico Maderna, il cui intervento è direttamente
visibile sul dattiloscritto del secondo quadro inviato da Ripellino
(in prossimità delle porzioni di testo confluite
nell’attuale IV scena del primo atto; cfr. Appendice, Doc. 4,
ff. 3-4). Sulla base di questo quadro,[26] Nono scrive
più dattiloscritti-base per quante sono le
‘situazioni’ previste per la ex II scena (tumulto,
arresto, interrogatorio, tortura e fuga), divenuta ora III, a
seguito della scissione della I in due distinte scene; con questa
lunga scena egli decide repentinamente, e contro ogni previsione,
di chiudere il primo atto. Da questo momento tutti i piani
precedenti, tecnici e drammaturgici, vengono abbandonati. Nono
è ormai librettista di se stesso e, con una procedura
eccezionale rispetto alle sue consuetudini, indirizza la
composizione verso una totale estemporaneità che vede
coincidere creazione verbale, musicale e correzione delle bozze. Le
decisioni salienti sono prese in itinere: nello spedire la
parte finale della III scena, egli decide di suddividerla in cinque
momenti differenti, una per ogni situazione. Il primo atto arriva
così a un inaspettato totale di sette scene. La data apposta
in calce alla prima redazione della partitura ci rivela che siamo
al 10 febbraio 1961: alla prima mancano solo due mesi.
A primo atto composto, Nono ne ricopia il libretto e
lo spedisce dapprima alla Schott (che fino alla fine di marzo
continuerà ad riportare in lettere e contratti
l’indicazione: «L’intoleranza, Oper in 7
Szenen»; cfr. Esempio 5),[27] quindi, il 20
febbraio, ne invia una copia a Erwin Piscator chiedendogli di
curare la regia.[28] Solo più tardi comincia la
composizione del secondo atto: per la I scena, che riprende
l’idea dei balletti con musica elettronica, l’intero
compito del montaggio del nastro magnetico, realizzato presso lo
Studio di Fonologia della RAI di Milano, è svolto da Bruno
Maderna. Delle restanti tre scene non esiste che un solo schizzo
predisposto per il coro finale: l’opera ‘nuova’ e
attesa per più di un decennio diviene un campo
d’improvvisazione o di ‘recupero’. Su poco
più di 600 battute, circa la metà saranno riprese da
parti già realizzate per il primo atto o da composizioni degli
anni ’50 e se per la ripresa di Incontri per il
ritrovo con la Compagna nella seconda scena si può pensare a
una citazione autoreferenziale, la ripresa nella terza scena della
seconda delle Due espressioni per orchestra del 1953
(citazione non rilevata finora da nessun esegeta dell’opera)
non trova altra spiegazione se non la fretta.[29]
Il 7 marzo 1961, con la fine della IV scena del
secondo atto, l’intera opera è terminata. Del testo di
Ripellino non resta che una pallida eco (cfr. Esempio 6) e il
risultato complessivo si rivela quale frutto di un singolare
compromesso tra intenzioni e necessità; di certo, qualcosa di
molto diverso dalle idee originarie (cfr. Esempio 7).
Esempio 6: Schema comparativo
dell’evoluzione drammatica: raffronto tra il libretto di
Angelo Maria Ripellino e la selezione testuale di Luigi
Nono.
ANGELO MARIA RIPELLINO
|
|
LUIGI NONO
|
Tempo I
|
|
Atto I
|
I quadro
|
|
|
108
versi
|
Coro
Enunciazione dei fatti |
------------------------------->
|
I scena |
22
versi
|
Ricatto amoroso
Partenza dell'emigrante |
------------------------------->
|
II scena |
24
versi
|
II
quadro
|
|
|
|
138
versi
|
Coro di dimostranti |
------------------------------->
|
III scena |
52
versi
|
Interrogatorio |
------------------------------->
|
IV scena |
Tortura |
------------------------------->
|
V scena |
Campo di concentramento |
------------------------------->
|
VI scena |
Fuga
Coro finale |
------------------------------->
|
VII scena |
III quadro
|
|
Atto II
|
|
118
versi
|
Clown-burocrazia
Censura |
------------------------------->
|
I scena |
3+10
versi
|
Tempo II
|
I quadro
|
128
versi
|
Satira contro gli
intellettuali
Assurdità contemporanee |
Incontro con la compagna |
------------------------------->
|
II scena |
18
versi
|
II quadro
|
|
|
|
128
versi
|
Pregiudizio |
-------------------->x
|
|
|
Ricatto amoroso |
------------------------------->
|
III scena |
2
versi
|
III quadro
|
|
|
|
170
versi
|
Diluvio
Alluvione |
------------------------------>
|
IV scena |
17
versi
|
Morte dell'emigrante |
-------------------->x |
|
|
Coro finale |
|
|
Esempio 7: Compendio schematico di
Intolleranza 1960.
Eppure il risultato tenne tenacemente fede alle
premesse, basate sulla volontà di rottura: dopo
Intolleranza 1960 il teatro d’avanguardia – e
non solo musicale – avrebbe acquistato una nuova fisionomia.
Effetto a cui si pervenne paradossalmente – e circoscrivendo
il discorso in ambito italiano – grazie a una ricezione fatta
di accesi dibattiti, forse di malintesi, ma non di suoni: dopo una
sola replica, l’opera non fu mai più ripresa,[30] la
partitura fu edita nel 1962 – nonostante la disapprovazione
di Nono – nella sola versione con testo in tedesco,[31] e
le differenti interpretazioni si basarono essenzialmente su un
ascolto minato e compromesso dalla gazzarra fascista organizzata
nella sala. (Altre e differenti considerazioni potrebbero essere
sviluppate sulla pubblicistica tedesca, la quale talora, dimentica
della versione originale dell’opera, sembra ignorare
l’essenza di un rapporto testo-musica basato
sull’idioma italiano.)
Senza tema di esagerare, si può affermare che
nell’arco creativo del compositore, e nella storia musicale
della seconda metà del novecento, il ‘caso’
Intolleranza 1960 apre sicuramente più problemi di
quanti non ne risolva, ponendosi nell’alveo di un
evento tramandatosi attraverso una memoria, ora letteraria
ora leggendaria, forse troppo distante dalla realtà sonora e
dalle concrete problematiche musicali dell’opera.
|
APPENDICE
Doc. 1) Lettera di Luigi Nono ad
Angelo Maria Ripellino dell’11 gennaio 1960:
-
11 - 1 - 60 –
Giudecca
caro Ripellino
Viva a te!!!!
benissimo.
anticipo la mia idea per il teatro, poiché avevo già
pensato di parlarne con te a Roma.
non solo per chiederti consigli o informazioni, ma direttamente la
tua collaborazione totale: cioè nel fissare il testo.
credo solo nella collaborazione continua e nel tempo, non prima o
dopo, ma contemporanea alla scrittura musicale.
(ti scrivo subito anche perché sono in attesa di una lettera
da Darmstadt, per recarmi là a discutere la proposta del
teatro di questa città: poiché stanno ricostruendo
l’opera – distrutta completamente – e sarà
pronta nel ’64, m’han chiesto – ancora non
ufficialmente – se sarei disposto d’accettare la
commissione per scrivere l’opera per
l’inaugurazione.
naturalmente sono in accordo; solo dovrò fissare alcune
condizioni.
dovrei andar là verso il 16-20 prossimo. e al mio ritorno
vedrò se venir subito a Roma, o attendere marzo.)
tema fondamentale: l’intolleranza, nel passato e oggi. vero
nazismo per tentar di violentare e impedire il procedere del
pensiero umano in tutta la sua vastità
(pensiero/azione/libertà/).
penso a 4 episodi diversi nel tempo nell’azione e nel tipo di
intolleranza, da sviluppare simultaneamente dall’inizio alla
fine passando da uno all’altro, senza successione nel tempo:
prima questo poi quest’altro poi il III, ma inizio col I
episod[io], avanti col III e II insieme, poi il IV e il I, poi tre
insieme, poi uno solo, poi tutti ecc. (questo naturalmente per dare
l’idea schematica).
cioè si sviluppa l’idea – tema fondamentale
attraverso il tempo, non nella successione del tempo.
inoltre penso a un V episodio non di intolleranza ma il contrario
di forza di sicurezza diretta da contrappuntare con gli altri.
cioè 4 episodi di intolleranza, dove anche naturalmente
malgrado tutto – torture ecc. – la
vita e il procedere umano non viene stroncato – fisicamente
sì – e il V episodio dove il contrario, o meglio il
complemento: la vita e il procedere umano supera e elimina ogni
violenza nazista. (nazismo come sintesi e simbolo e realtà di
antiuomo.)
esempio: un episodio nel medioevo / uno nel rinascimento
(Galilei-Brecht?)[32] / uno del razzismo (ebrei e i nazisti) /
fino a Halleg e la tortura francese attuale[33] / intolleranza
verso il pensiero / idea / ideologia / razza / vita stessa: in
differenti manifestazioni.
e il V?????????? molto importante!
idea schematica di realizzazione musicale.
teatro non più come chiesa-messa con pubblico che assiste, ma
partecipa stesso, in qualche momento sarà lui stesso attore
attivo (idea non nuova, ma in sviluppo di quanto finora nel teatro
valido Mejerchol’d Piscator ecc).
teatro non più limitato alla scena (come in una chiesa) ma in
tutta la sala, non più unità di luogo – scenico
– come non più unità nel tempo – e
d’azione.
ma con installazioni di amplificatori in sala in vari posti,
collegati con magnetofoni (nastri – registrazioni già
preparati – anche con mezzi e suoni elettronici) o
direttamente con voci-canti-strumenti sulla o dietro la scena, ma
diffusi da udire in sala alle spalle, a destra a sinistra in alto
in basso dappertutto!
(nessuna complicazione tecnica!!!! ma oggi piuttosto semplice).
non più elemento visivo e auditivo collegati: cioè
ascolto quello che vedo e viceversa – come sempre finora
– ma sviluppo autonomo e collegato delle possibilità
auditive-visive, e sviluppo simultaneo di varie
possibilità.
esempio: azione sulla scena, ma ascolto in sala per amplificatore:
stessa azione, differente azione – simultaneità / musica
in orchestra – canto in scena che diviene azione
proiettata-mimata e il canto e musica si trasferiscono in sala /
tutto buio e solo azioni di luci in tutta la sala, con voci-canto,
senza, con improvvisi squarci sulla scena di azioni / solo voci
nella sala – scena buia o con luci in moto spazio scenico
trattato egualmente, a destra in alto luce, resto buio / poi tutto
a sinistra in basso / a destra in alto un episodio in sinistra in
basso il II secondo episodio in sala voci III episodio e altre
possibilità /
parte proiettata con mezzi lanterna magika:[34] come
preparazione di registrazioni voci canto musica da trasmettere in
sala, così nastri preparati da proiettare da soli – con
altre azioni – simultanei con diversi episodi.
allargamento massimo per ora delle possibilità e capacità
umane nel trasmettere-parlare-agire-mostrare-smuovere-scuotere, per
le possibilità massime ora per la ricezione umana.
ecco allora che i 4 o 5 episodi creano un tuttuno nella loro
diversità e nella amplificata-autonoma realizzazione.
ogni tipo di teatro-concezione e realizzazione che conosco mi
sembra solo e tipica restaurazione (da Miller a Jonesco a
Beckett a Duerrenmatt + la realizzazione scenica alla Visconti o
Strehler (Strehler solo se nella tradizione brechtiana è
valido – basta aver visto la Lulu di Alban Berg alla Biennale
e altri spettacoli suoi per vedere i limiti: limiti nostri e di una
situazione ‘occidentale’.) in Brecht molto forte la
presenza del teatro orientale – cinese giapponese – (ma
ho visto a Berlino mutter courage: Brecht magnifico!!!)
mi sembra che tutte le esperienze fatte fino al 30-33, prima del
nazismo, siano state veramente troncate e stroncate, soprattutto
quelle vitalissime sviluppatesi in Russia e altri ‘paesi
orientali’ fino alla Berlino ante 33.
e noi qui le ignoriamo (fatto politico-culturale vergognoso).
anche per questo ancora VIVA al tuo Majakovskij!!!!!!!![35]
e mi sembra: non riprenderle, ché sarebbe un nuovo neo e come
tale un nuovo ‘neoclassicismo’, ma conoscerle e
studiarle per i possibili sviluppi oggi nostri.
ecco perché conto spero m’auguro e provoco la tua
collaborazione.
questo solo come anticipo. c’è tutto da fare e
costruire.
sono in attesa del tuo ‘volumetto’: grazie fin
d’ora tantissime.[36]
ti scriverò anche dopo.
cari saluti anche a Perilli[37]
tuo Luigi Nono
|
Doc. 2) Lettera di Luigi Nono ad Angelo
Maria Ripellino del 25 maggio 1960:
carissimo Angelo
ultima notizia:
Labroca mi chiede se sarà pronto il nostro lavoro per teatro
per la Biennale Festival 1961.
poiché il festival 1961 sarà solo teatro musicale
(balletti – opere ecc.)
e tutto verrà dall’estero, e lui vorrebbe dare come
spettacolo-serata di produzione italiana il nostro.
(cioè tra l’altro vuol dire: tutti i mezzi tecnici di
cui abbiamo bisogno, a disposizione).
naturalmente ho detto quasi di sì. e che ne parleremo.
AL LAVORO!!!!
poiché, per me, ho tutte le intenzioni di accettare.
e sarà una splendida manifestazione nostra.
(vedi: Darmstadt si perde nelle kalende greche.)
noi restiamo qui, sino ai primi di luglio.
è necessario, ora, vederci al più presto e
concretare – decidere – e iniziare.
potresti venire a Venezia? (sempre da noi c’è una stanza
per te e Ela!)
al più presto, secondo i tuoi impegni.
con Achille.[38]
(penso anche al lavoro Perilli-Clementi.)[39]
non per 1 giorno, ma almeno 2-3. sarebbe bene che in tali giorni
noi potessimo già decidere le situazioni da sviluppare.
così anche per me possibile iniziare studi.
_________
penso il lavoro nostro dovrà essere pronto per luglio
1961.
_________
anche in hoc signum ti abbraccio
Gigi
25 - 5 - 60 Giudecca
|
Doc. 3) Dattiloscritto-guida definitivo della
I e II scena (ex I) con interventi manoscritti di Luigi Nono
(ALN, per gentile concessione).
|
Doc. 4) Angelo Maria Ripellino, II Quadro, pp.
1-9; dattiloscritto definitivo con interventi manoscritti di Luigi
Nono e di Bruno Maderna (ALN, per gentile concessione).
|
ALTRA BIBLIOGRAFIA (testi non citati
in nota):
CARLA HENIUS, Schnebel, Nono, Schönberg oder
Die wirkliche und die erdachte Musik, Hamburg, Europäische
Verlagsanstalt, 1993, pp. 126-128;
CARLA HENIUS,
Carla Carissima. Carla Henius und Luigi Nono. Briefe,
Tagebücher, Notizien, Hamburg, Europäische
Verlagsanstalt, 1995, pp. 91- 101;
BEATE KUTSCHE,
Intolleranza 1960, Magisterarbeit im Fachbereich
Geisteswissenschaften der Freien Universität Berlin, 1992;
JOACHIM NOLLER,
Situ/azione scenica sul teatro di Luigi Nono negli anni
’60, «Quaderni del Centro Tedesco di Studi
Veneziani», 48, Venezia, 1996;
JOACHIM NOLLER,
«wird das gesungene Wort auf der Bühne einen
Konvention bleiben?». Zum italienischen Musiktheater des 20.
Jahrhunderts, Hamburg, 1997 («Zwischen/Töne. Musik
und andere Künste», 4), pp. 50-63;
DAVID
OMOND-SMITH, «Intolleranza 1960», in The New
Growe Dictionary of Opera, ed. by Stanley Sadie, London
1992;
JÜRG
STENZL, Drammaturgia musicale, in Nono, a cura di
Enzo Restagno, Torino, EdT, 1987, pp. 169-181;
MATEO TAIBON,
Luigi Nono und sein Musiktheater, Wien, 1993, pp.
53-121.
|
________________________
[*] Basato pressoché
esclusivamente sullo studio dei materiali preparatori
dell’opera conservati presso l’Archivio Luigi Nono di
Venezia (da qui in avanti ALN) e sull’analisi dei
carteggi tra Luigi Nono, Angelo Maria Ripellino, Emilio Vedova,
Mario Labroca, Alfred Radok, Erwin Piscator e Michael
Müller-Blattau (delegato responsabile della casa editrice
Schott), il presente saggio riporta i maggiori risultati di una
ricerca che ha condotto a una reinterpretazione dei fatti e dei
contesti relativi alla genesi e alla realizzazione di
Intolleranza 1960, già parzialmente esposti al
«Secondo Colloquio di Musicologia del Saggiatore
Musicale» (Bologna, Dipartimento di Musica e Spettacolo
dell’Università degli Studi di Bologna, 22 novembre
1998). Prime riflessioni sull’ideazione del lavoro e sul
rapporto tra Nono e Ripellino sono comparse in ANGELA I. DE
BENEDICTIS, Gli equivoci del sembiante:
«Intolleranza 1960» e le fasi di
un’opera viva, «Musica/Realtà», XIX/55,
1998/1, pp. 153-217; una più ampia panoramica sulle
problematiche genetiche, tecniche ed interpretative
dell’opera è invece sviluppata in Azione e
trasformazione: la riconquista di un’idea. Genesi
drammaturgica e compositiva di Intolleranza 1960 (di prossima
pubblicazione per i tipi della LIM). Desidero esprimere tutta la
mia gratitudine a Nuria Schönberg Nono per la generosità
dimostrata nei due anni di ricerca e per tutte le autorizzazioni
concesse. Ringrazio inoltre Erika Schaller per avermi sostenuto
durante la catalogazione dei materiali dell’opera, ultima
fase del mio lavoro.
[1] Cfr. programma
generale de «La Biennale di Venezia». L’opera di
Nono era presentata come acme sperimentale del cartellone teatrale
in cui figuravano inoltre il Noye’s Fludde di Benjamin
Britten e La Via della Croce di Giorgio Federico Ghedini
(testo di Nicola Lisi).
[2] Cfr. a questo
proposito VENIERO RIZZARDI, Verso un nuovo stile
rappresentativo. Il teatro mancato e la drammaturgia implicita,
in La nuova ricerca sull’opera di Luigi Nono, a cura
di Gianmario Borio, Giovanni Morelli e Veniero Rizzardi, Firenze,
Olschki, 1999, pp. 35-51: 42-47; e ANGELA I. DE BENEDICTIS –
UTE SCHOMERUS, La lotta «con le armi
dell’arte»: Erwin Piscator e Luigi Nono.
Riflessioni e documenti (II), «Musica/Realtà»,
XXI/61, 2000/1, pp. 151-184: 152-157, 170, 174-175.
[3] CARL DAHLHAUS,
Fondamenti di storiografia musicale, Fiesole, Discanto,
1980, p. 166.
[4] Nel reputare
l’opera di Nono una sorta di pubblica offesa priva di
qualsiasi portata artistica, la socialista Giuseppina Palumbo
presentò, con la tempestività propria dell’urgenza,
un’interpellanza in Senato contro «la musica
moderna» (per questo episodio e le sue conseguenze cfr.
GIACOMO MANZONI, La musica moderna nella società di
oggi, «L’Unità», 19 aprile 1961).
[5] Tra la copiosa messe
di recensioni e articoli dedicati all’opera si segnalano
– come fonti decisive per la comprensione delle varie
posizioni interpretative (e limitando qui la panoramica alla
pubblicistica italiana) – Un dramma tra minatori:
«Intolleranza 1960» di Nono, di Alceo Toni
(«La Notte», 14 aprile 1961);
L’«Intolleranza» di Nono è intollerante per
la vera musica, di Guido Pannain («Il Tempo», 15
aprile 1961); «Intolleranza 1960», di Guido M.
Gatti («Tempo», 29 aprile 1961); Anatomia del nostro
tempo, di Massimo Mila («L’Espresso», 23 aprile
1961); «Intolleranza ’60» e il teatro
d’avanguardia, di Giulio Carlo Argan
(«Avanti!», 18 maggio 1961); i vari contributi al
dibattito condotto sulle pagine de «L’Unità» a
cui parteciparono, tra gli altri, Giacomo Manzoni (La musica
moderna nella società di oggi, cit.), Ugo Duse
(«Intolleranza 1960», fascisti e politica
culturale borghese, 29 aprile 1961), Luigi Pestalozza
(Musica nuova e mercato borghese, 10 maggio 1961), Piero
Santi (La musica e la crisi borghese, 17 maggio 1961),
Massimo Mila (Stile e qualità, 9 giugno 1961), Giuliano
Scabia (Musica popolare e realismo, 9 giugno 1961), ecc.; e,
infine, la caustica e faziosa voce di Piero Buscaroli (Il
melodramma dei teppisti, «Il borghese», 13 aprile
1961, pp. 567-568). Lo stesso Nono intervenne nel dibattito con una
lettera di risposta a Ugo Duse (copia dattiloscritta in ALN)
e, soprattutto, con la pubblicazione di Alcune precisazioni su
«Intolleranza 1960» («La rassegna
musicale», XXXII/2-4, 1962, pp. 277-289).
[6] Cfr. soprattutto MARIO
BORTOLOTTO, La missione teatrale di Luigi Nono,
«Paragone», XIII/146, 1962, pp. 25-43.
[7] GIAN FRANCESCO
MALIPIERO, Indifferenza 1963, «Gazzettino di
Venezia», 19 gennaio 1963. Per Possibilità e
necessità di un nuovo teatro musicale cfr. LUIGI NONO,
Scritti e colloqui, a cura di A. I. De Benedictis e V.
Rizzardi, vol. I, Milano-Lucca, Ricordi-Lim 2001, pp.
118-131.
[8] FEDELE D’AMICO,
La polemica su Luigi Nono, «Paragone», XIII/156,
1962, pp. 13-26: 15-16. Con tale intervento il critico rispondeva
inoltre a Luigi Pestalozza che, dalle pagine del settimanale
«Rinascita» (cfr. Che cosa non tollerano in
«Intolleranza 1960», «Rinascita», 12 maggio
1962, p. 26) aveva a sua volta replicato alle interpretazioni di
Bortolotto. Una opinione simile a quella di D’Amico era stata
precedentemente sostenuta da un’anonimo recensore de «La
Scala» nel giugno 1961: «[…] Semmai in
Intolleranza manca il senso del negativo: il male viene solo
accusato ma non rappresentato».
[9]
Un’autobiografia dell’autore raccontata da Enzo
Restagno, in Nono, a cura di Enzo Restagno, Torino, EdT,
1987, pp. 3-73: 35. In Alcune precisazioni su «Intolleranza
1960» (cit., p. 277) il compositore fa meno genericamente
risalire l’invito all’«ottobre del
’60».
[10] Cfr. lettera di
Nono a Ripellino del 25 maggio 1960 trascritta parzialmente in
NICOLA SANI, «Intolleranza 1960». Luigi Nono –
Angelo Maria Ripellino: il carteggio,
«Musica/Realtà», XIII/39, 1992, pp. 115-129:
127; e DE BENEDICTIS, Gli equivoci del sembiante, cit., p.
161 (da qui in avanti si rimanda a questo saggio per eventuali
approfondimenti relativi alla nascita e agli sviluppi della
collaborazione tra Nono e Ripellino).
[11] Pubblicata
già in SANI («Intolleranza 1960», cit., pp.
120-122), la lettera inviata da Nono a Ripellino l’11 gennaio
1960 viene qui, in virtù della sua importanza documentaria,
riproposta integralmente in una trascrizione diplomatica (fedele
alla disposizione grafica del compositore) che emenda taluni errori
di lettura presenti nella precedente pubblicazione.
[12] Lo schema
tracciato da Nono rivela alcune evidenti analogie tematiche e
tecnico-narrative con il film Intolerance di David Wark
Griffith (1916); cfr. a questo proposito DE BENEDICTIS,Gli
equivoci del sembiante, cit., pp. 156-158.
[13] Cfr. lettera di
Nono a Ripellino del 6 aprile 1960 (ibid., p. 159).
[14] La lettera del
25 maggio 1960 (riprodotta parzialmente in SANI,
«Intolleranza 1960», cit., p. 127) è
pubblicata integralmente qui in Appendice (Doc. 2).
[15] Cfr. HENRI
ALLEG, La tortura, con uno scritto di Jean-Paul Sartre,
Torino, Einaudi, 1958.
[16] Lettera
riprodotta in DE BENEDICTIS, Gli equivoci del sembiante,
cit., pp. 178-179.
[17] Tale fase
preliminare si evidenzia man mano negli appunti tracciati nei
quaderni «Q.07», «Q.08»,
«Q.22» (conservati presso l’ALN).
[18] Cfr. lettera a
Ripellino (non datata ma redatta presumibilmente a fine novembre)
pubblicata in DE BENEDICTIS,Gli equivoci del sembiante,
cit., p. 179. Presso l’archivio privato di Ripellino si
conservano tre fogli manoscritti di Nono – provenienti da un
block notes («B.15») utilizzato dal
compositore durante questa prima fase creativa – che
riproducono l’intero piano formale dell’opera
(così come esso risulta nei quaderni summenzionati)
accompagnato da esplicite richieste in merito al contenuto di
alcune scene ancora in via di definizione. Per la prevista VIII
scena, dedicata ai «pregiudizi», Nono esorta
Ripellino: «usa anche il K.K.K. / e perciò il compagno
[del baritono] può esser un negro, che qui viene linciato o
bruciato». Ringrazio qui Ela Ripellino Hlochová
per avermi permesso la consultazione del materiale in suo
possesso.
[19] Sintesi degli
schemi tracciati nei quaderni menzionati nella nota n. 17 con
l’aggiunta degli schemi inviati ad Angelo Maria Ripellino.
Nel rispetto delle convenzioni scrittorie del compositore, le
singole scene sono segnalate (qui e oltre nel testo) sempre con la
numerazione romana.
[20] Lettera non
datata, riprodotta parzialmente in DE BENEDICTIS,Gli equivoci
del sembiante, cit., p. 180.
[21] Si confronti a
tale proposito il primo quadro del libretto definitivo di Ripellino
(pubblicato in DE BENEDICTIS,Gli equivoci del sembiante,
cit., pp. 185-217: 185-189) con il testo intonato da Nono nelle
scene I e II del primo atto di Intolleranza 1960 (libretto
Ars Viva Verlag, Mainz, 1962, AV 269, pp. 6-8; ora anche in
Libretti d’opera italiani, a cura di Giovanna Gronda e
Paolo Fabbri, Milano, Arnoldo Mondadori, 1997, pp. 1747-1765:
1753-1755).
[22] Box
«Intolleranza 1960», plico 23.03.01, ff. 1-4.
[23] Appunto
manoscritto presente nel quaderno «Q.22», f. 4r
(ALN).
[24] Cfr. lettera di
Otto Sertl del 30 novembre 1960 (ALN; originale in tedesco).
Dalle parole del responsabile della casa editrice Schott si
apprende che la prima dell’opera era prevista per il 17
aprile 1961 (data successivamente anticipata al 13 dello stesso
mese) e che, alla data di invio della lettera, sia il titolo sia il
libretto non erano ancora definiti.
[25] Da vari
particolari (quali la qualità della carta, piegatura dei
fogli, ecc.) è possibile affermare che i sei quadri che
compongono i due atti del libretto definitivo di Ripellino furono
spediti in sei distinte soluzioni. In una lettera a Nanni
Balestrini del 21 gennaio 1963 Nono affermerà: «ricordo
il periodo di ‘intolleranza 1960’, allorché
m’arrivava di settimana in settimana il testo tra capo e
collo, obbligandomi a salti mortali e capriole per renderlo
‘lavorabile’» (ALN).
[26] Lo si veda
nella sua formulazione originale in DE BENEDICTIS, Gli equivoci
del sembiante, cit., pp. 189-195.
[27] Cfr. copia del
contratto ad Angelo Maria Ripellino del 27 febbraio 1961 e
successiva stesura del 22 marzo 1961 e lettera di
Müller-Blattau a Nono del 28 febbraio 1961 (ALN).
[28] Cfr. a questo
riguardo DE BENEDICTIS – SCHOMERUS, La lotta
«con le armi dell’arte», cit., pp.
158-161.
[29] Una
‘autocitazione’ è del resto presente già
nella IV scena del primo atto, dove Nono utilizza il n. 4 de Il
canto sospeso (1955-56); le riprese dalle composizioni degli
anni Cinquanta (presenti rispettivamente nella II e nella III scena
del secondo atto) sono approfondite e discusse in DE BENEDICTIS,
Azione e trasformazione: la riconquista di un’idea.,
cit.
[30] Dopo la prima
rappresentazione del 13 aprile, l’azione scenica fu replicata
a distanza di due giorni il 15 aprile del 1961. Nel 1974
l’opera fu allestita al Teatro Comunale di Firenze, ma nella
versione tedesca (allestimento del Teatro dell’Opera di
Nürnberg). Differente si rivela invece la fortuna
dell’opera all’estero: essa fu ripresa a Koln nel 1962,
a Boston nel 1965, a Nürnberg nel 1970 (come Intolleranza
1970), a Nancy nel 1971 (idem), a Hamburg nel 1985, a
Stuttgart nel 1992, ecc. Nel 1995 è stata incisa per la casa
discografica Teldec (Intolleranza 1960 [versione in
tedesco], CD Teldec, 4509-97304-2, orchestra dello Staatsoper
Stuttgart, direttore Bernhard Kontarsky).
[31] Ars Viva
Verlag, Mainz, AV 75. Inizialmente, gli accordi tra la Schott e il
compositore (cfr. lettera a Nono del 17 ottobre 1961, ALN)
prevedevano anche la pubblicazione di un’edizione in
italiano. A più di tre anni di distanza, in occasione della
ripresa a Boston del 1965, il disappunto del compositore era ancora
vivo: «non avete fatto niente. soltanto questa cattiva
partitura da studio in tedesco (già una falsificazione
perché l’originale è in italiano e forse soltanto
avete avuto paura di ciò)» (lettera a
Müller-Blattau, da Boston, del 2 marzo 1965, ALN).
Pochi mesi dopo Nono scriveva all’Ing. Guido Cavalcarenghi
della casa editrice Ricordi: «sto considerando di non
rinnovare il contratto con Schott» (lettera del 14
aprile 1965, ALN), proposito mantenuto a partire dal
1966.
[32] Riferimento a
Vita di Galileo di Bertolt Brecht.
[33]
Nell’epistolario con Ripellino e negli appunti del
compositore il nome di Henri Alleg compare più volte citato
secondo questa grafia erronea; Nono si riferisce qui a La
tortura (con uno scritto di Jean-Paul Sartre, cit.).
[34] Riferimento
alle soluzioni scenotecniche realizzate a Praga da Alfred Radok e
Josef Svoboda nella seconda metà degli anni Cinquanta.
[35] Cfr. ANGELO
MARIA RIPELLINO, Majakovskij e il teatro russo
d’avanguardia, Torino, Einaudi, 1959 (rist. 1982).
[36] Si tratta della
raccolta di poesie Non un giorno ma adesso (Roma, Grafica,
1960). La poesia che chiude la silloge, «Vivere è stare
svegli» (p. 62), sarà dapprima selezionata per il primo
progetto di Ha venido canciones para Silvia (per soprano e
coro di sei soprani del 1960), quindi intonata per il coro
d’apertura di Intolleranza 1960.
[37] Achille
Perilli, pittore romano.
[38] Cfr. nota
36.
[39] Si tratta
dell’azione musicale Collage realizzata a Roma nel
1961.
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