FRANCESCO ROCCO ROSSI, Recensione :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

Contributo di Recensione a cura di Francesco Rocco Rossi

 

 

Tre incisioni discografiche delle Missae super L’homme armé: Johannes Regis, Johannes Tinctoris e Mathurin Forestier

 

 

Tre incisioni discografiche delle Missae L’homme armé – rispettivamente di Johannes Regis, Johannes Tinctoris e Mathurin Forestier – offrono lo spunto per entrare in contatto con tre momenti della ben nota tradizione che, snodandosi lungo l’arco di circa due secoli (da Ockeghem, Busnois e Dufay a Carissimi), conta non meno di trentadue messe.

Si tratta delle prime realizzazioni discografiche delle suddette messe, ad opera della «Schola discantus» diretta da Kevin Moll (Lyrichord Early Music Series) per la messa di Regis, di «The Clerk’s Group» diretto da Edward Wickham (Musique en Wallonie) per la messa di Tinctoris e del gruppo «Chicago a cappella» diretto da Jonathan Miller (Centaur) per la messa di Forestier; le prime due sono state registrate nel 1997, l’ultima l’anno successivo.

Elemento unificante della tradizione di messe super L’homme armé è, ovviamente, l’assunzione del tenor della chanson omonima come elemento centrale della costruzione polifonica; ciascuna composizione, tuttavia, manifesta logicamente caratteri stilistici diversi in ragione sia dell’altezza cronologica che dei tratti distintivi del compositore.

La messa di Regis risulta essere stata copiata presso lo scriptorium della cattedrale di Cambrai nel 1462[1] ponendosi, pertanto, in uno stadio immediatamente successivo rispetto agli esordi della tradizione che, presumibilmente, risalgono al 1454.[2] Si tratta di un lavoro estremamente ambizioso e complesso, destinato indubbiamente a una committenza molto colta e raffinata. Il titolo completo è Missa L’homme armé / Dum Sacrum Mysterium, in quanto il Tenor della chanson condivide il proprio ruolo di fondamento strutturale con citazioni tratte dall’Officium in Dedicatione Sancti Michaelis: è evidente come nel corso della tradizione, la composizione si sustanzi di significati sempre differenti a seconda del contesto, legandosi alla rievocazione di san Martino di Tours (il santo armato del Regno di Francia), all’invito alla riscossa antiturca lanciato in Borgogna dall’Ordine del Toson d’Oro[3] e, in questo caso, alla celebrazione di san Michele, altro santo tradizionalmente ‘armato’. La struttura creata da Regis è una gran prova di rigorosa architettura musicale: la tecnica strutturale di base è quella del canone non rigoroso in cui due delle quattro voci (Tenor e Contratenor altus in Kyrie, Gloria e Credo, Bassus e Contratenor altus in Sanctus e Agnus Dei) eseguono musicalmente la parafrasi della sezione a e a' del tenor della chanson: intonati, però, su testi tratti dall’ufficio di san Michele (Dum sacrum mysterium, Milia milium, Dum committeret bellum). La sezione b del tenor della chanson è enunciata solo nei primi tre movimenti e limitatamente al tenor[4] mentre, contemporaneamente ad essa, il Contratenor altus si riappropria del testo liturgico utilizzando la musica di Milia milium. Negli ultimi due movimenti, l’imitazione canonica si sposta in Bassus e Contratenor Altus, mentre al tenor sono affidate la melodia e il testo di Dum committeret bellum (nell’Agnus Dei III, comunque, si ritorna all’assetto iniziale e il Tenor viene reintegrato all’interno dell’imitazione canonica).[5] Si verifica quindi una situazione di forte tropatura sia dal punto di vista musicale che testuale (negli ultimi movimenti si perviene a un assetto tritestuale: testo liturgico, testo di Dum sacrum mysterium e testo di Dum committeret bellum). Si potrebbe temere che un tale processo costruttivo neghi l’intelligibilità dei differenti livelli testuali e musicali, ma l’ascolto della messa proposta dalla «Schola discantus» fuga questo dubbio. Grazie alla ricerca della necessaria trasparenza contrappuntistica e al bilanciamento delle dinamiche, tese a mettere in evidenza i diversi temi, ogni dettaglio risulta decisamente comprensibile e, in particolare, le entrate del cantus prius factus risultano dotate di una forte carica suggestiva senza nulla togliere alla percezione delle altre linee melodiche, in particolare del Superius (l’unica voce non vincolata dallo schema rigoroso che Regis si è imposto). Anche nel Sanctus e nell’Agnus Dei si toccano momenti di grande pregnanza in concomitanza dell’entrata del Bassus cui è affidata la parafrasi del cantus prius factus. L’ascolto dell’esecuzione della «Schola discantus» mette in luce una composizione che, nonostante l’impostazione strutturale severa, non risulta per nulla artificiosa e lascia facilmente cogliere quella componente di inventiva melodica[6] che, coniugata ad una concezione compositiva estremamente razionale,[7] rappresenta la sigla stilistica di Regis.

 

La seconda incisione ci permette di apprezzare il Tinctoris compositore, troppo spesso messo in ombra dalla fama di teorico. Sulla genesi di questa messa (attestata unicamente dal ms. Cappella Sistina 35) non si ha documentazione, ma si può ritenere che sia stata composta nel periodo in cui Tinctoris fu a Napoli, probabilmente dopo il 1475,[8] e potrebbe anch’essa essere legata all’ordine del Toson d’Oro di cui il re Ferrante d’Aragona era da poco stato eletto Cavaliere. Anch’essa è tropata, seppur limitatamente al Kyrie (Cunctorum Plasmator, che è anche il titolo alternativo con cui la messa è pure nota) e al Sanctus (Pueri Hebreorum). «The Clerk’s Group», fin dalle prime note, ne lascia trasparire la caratteristica più evidente: l’essere totalmente permeata del cantus prius factus. La melodia del Tenor della chanson, infatti, rinuncia alla propria esclusiva funzione di cantus firmus per penetrare, con parafrasi sempre diverse e sempre elaborate con grande fantasia melodica, nel vivo del tessuto contrappuntistico. Si hanno, pertanto, imitazioni canoniche più o meno lunghe e giochi di richiami tra le vari voci costruite a partire da frammenti riconoscibilissimi del cantus prius factus; esemplificativo di tale procedimento è il passo del «Cum sancto Spiritu», in cui, sulle parole «in gloria», le quattro voci si producono in un evidentissimo attacco quasi mottettistico sul frammento corrispondente alla coda della sezione a del Tenor della chanson (re-re-re-sol). La tecnica dell’imitazione è frequentissima in tutta la messa e non limitata alle sole citazioni del cantus prius factus, seppur sia innegabile che siano proprio i frammenti dell’Homme armé che si stagliano in modo particolare sullo sfondo contrappuntistico grazie all’indiscutibile pregnanza della melodia. Nella messa, comunque (e in particolare nel Kyrie II e nell’«Et resurrexit» e nel «Confiteor» del Credo), si può notare anche un altro trattamento della melodia, esteso a tutte le quattro voci, e precisamente il recupero dell’antica tecnica del cantus prius factus a valori larghi (seppur qui affidato in maniera non tradizionale al Contratenor altus anziché al Tenor). È estremamente suggestivo l’ascolto dell’«Osanna», nel quale, attorno ai valori lunghi del Contratenor che intona cantus prius factus senza alcuna sorta di parafrasi (ma con il testo di Pueri Hebreorum), si dipana un contrappunto estremamente florido, basato su piccole imitazioni, scalette vertiginose che ricordano quelle di Busnois e movimenti estremamente veloce[9] entro cui si staglia nitida, pur senza forzature dinamiche, la tranquilla gravità del cantus firmus. Il contesto mensurale molto articolato – in linea con il pensiero teorico di Tinctoris – prevede infatti frequenti successioni di proporzioni; l’incisione discografica mostra come sia possibile stemperare ciò che a prima vista potrebbe sembrare mera applicazione di principi teorici (sospettabile, quindi, di artificiosità) in un’esecuzione che inserisce l’evidenza dei cambi mensurali un continuum sonoro assolutamente impeccabile.

 

La terza incisione, a cura del gruppo «Chicago a cappella», riguarda la messa di Mathurin Forestier, compositore per il quale manchiamo a tutt’oggi di notizie biografiche certe. Di lui ci sono pervenute nove composizioni, tra cui tre messe, in testimoni della prima metà del XVI secolo sia a stampa che manoscritti. La mancanza di informazioni stupisce se confrontata con la fama di cui egli dovette godere, almeno a giudicare dall’inserimento del suo nome nella lista dei altri celebri musici dell’entourage della corte francese che ci consegna il mottetto Mater floreat di Puierre Moulu. Edward Lowinsky ha ipotizzato una possibile identificazione con del nostro Mathurin con Mathurin Dubuysson, cantore al servizio della Sainte-Chapelle di Bourges tra il 1489 e il 1513.[10]

La Messa, inizialmente a 5 voci[11] (con organico destinato ad amplificarsi in corso d’opera) evidenzia alla base della propria costruzione polifonica un trattamento di imitazione canonica rigoroso sulla melodia dell’Homme armé, di cui è recuperata non solo la funzione di sostegno strutturale, ma anche, per così dire, il legame con la passata tradizione isoritmica. Il cantus firmus, infatti, lievemente parafrasato, si presenta sempre identico in ogni movimento[12] (salvo qualche piccolo taglio funzionale alla ripartizione della melodia tra i diversi submovimenti), e subisce un trattamento mensuralistico nell’«Et resurrexit» mediante il raddoppiamento dei valori. Ma uno dei maggiori centri d’interesse della messa è dato dal virtuosismo del trattamento canonico del quale Forestier dà prova. Le voci canoniche sono da ricavare dalla scrittura del tenor (tranne che nell’Agnus Dei II, in cui il trattamento imitativo è a carico delle tre voci superiori) mediante motti e signa congruentiae. Il modo d’impianto è il misolidio – che stabilisce così il legame con la chanson di Morton –, ma questo è costantemente messo in dubbio da una sorta di sfasamento modale dovuto a un’imitazione canonica che poggia su gradi sempre differenti: nel Kyrie il Tenor secundus parte dal do, «in subdiapente»; nel Gloria l’imitazione «in subdyatessaron p[er] re» suggerisce invece il modo dorico, e così via. A ciò si aggiunge il fatto che, mentre il trattamento canonico nei primi tre movimenti e nella sezione iniziale del Sanctus resta circoscritto ai due Tenores, a partire dall’«Osanna» il numero dei comites canonici aumenta fino a sette nell’Agnus Dei III. È naturale che una tale tecnica compositiva lasci poco spazio all’inventiva melodica delle voci di volta in volta non interessate all’enunciazione del cantus prius factus, e in effetti il contrappunto di queste è perlopiù condensato in formule ricorrenti migranti da voce a voce e spesso replicate in successione anche nella medesima linea melodica.[13] La scarsa indipendenza delle singole linee è resa inoltre ancor più evidente dal frequentissimo uso del declamato pseudo-contrappuntistico. A volte, frammenti di cantus firmus compaiono anche nelle voci di contrappunto, confermando così il ruolo centrale che esso assume nell’economia dell’intera composizione. Negli incipit di Kyrie I e Christe è chiaramente percepibile una tecnica tradizionale, laddove il Contratenor altus cita la melodia iniziale del superius della chanson di Morton. Ascoltando l’incisione discografica dei «Chicago a cappella» si nota invece una scelta esecutiva improntata alla ricerca di una sonorità composta e contenuta che tuttavia (in grazie anche di una condotta vocale non sempre nitida) non raggiunge quella trasparenza contrappuntistica che, sola, permetterebbe di cogliere nitidamente la costante presenza del cantus prius factus. Emergono con chiarezza, rimbalzando da una voce all’altra, solo le citazioni del frammento b3 del Tenor della chanson. Naturalmente, man mano che si procede verso gli ultimi movimenti, l’ispessimento del trattamento canonico aumenta la percepibilità della melodia dell’homme armé si fa più presente; ma, anche in questi casi, l’articolazione vocale poco marcata non riesce a evidenziare come si dovrebbe l’incisività anche ritmica per cui il Tenor della chanson è universalmente noto.

 

FRANCESCO ROCCO ROSSI

 

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[1] Cfr. JULES HOUDOY, Histoire artistique de la cathédrale de Cambrai, ancienne église metropolitaine Notre-Dame: Comptes, inventaires et documents inédits, avec une vue et un plan de l’ancienne cathédrale, Lille, 1880 (rist. Geneva, 1972).

[2] Vi sono opinioni divergenti circa il primato cronologico di tale tradizione: per Taruskin punto di partenza sarebbe la Messa di Busnois (Antoine Busnois and the L’Homme Armé Tradition, «Journal of the American Musicological Society», XXXIX/2, 1986, pp. 255-293) mentre per Maria Caraci Vela e Agostino Magro gli esordi sarebbero da ricercare nella messa di Ockeghem eseguita, probabilmente, per le celebrazioni avvenute nel 1454 a Tours per la traslazione delle reliquie di san Martino (Cfr. MARIA CARACI VELA, Un capitolo di arte allusiva nella prima tradizione di messe L'homme armé, «Studi Musicali», XXII, 1993, pp. 3-21; AGOSTINO MAGRO, Basilique, pouvoir et dévotion: Ockeghem à Saint-Martin de Tours, in Johannes Ockeghem. Actes du XL Colloque international d’Etudes humanistes, Edités par Philippe Vendrix, Paris, Klinksieck, 1998, pp. 79–100).

[3] Lo stretto collegamento tra la prima fase della tradizione di Missae super L’Homme Armé e la volontà di crociata dell’Ordine del Toson d’Oro, formulato soprattutto da William Prizer (Music and Ceremonial in the Low Countries: Philppe the Fair and the Order of the Golden Fleece, «Early Music History», V, 1985, pp. 113–153), è comunemente accettato. È bene però puntualizzare che ciò non implica che tale competizione sia necessariamente scaturita in seno all’ambiente cavalleresco borgognone, ma semplicemente che l’Ordine del Toson d’Oro se ne sia appropriato. Lo stesso potrebbe essere avvenuto anche relativamente alla messa di Regis, che diventa per ciò stesso difficile non associare all’Ordine di S. Michele.

[4] Quindi è esclusa dal trattamento canonico.

[5] Per un’accurata analisi della Messa Cfr. EDGAR HERNDON SARKS, Cantus Firmus in Mass and Motet (1420-1520), Berkeley and Los Angeles, University of California Press, 1963, pp. 181–183.

[6] Frutto, probabilmente di una lunga frequentazione di Regis con Dufay a Cambrai.

[7] SPARK, Cantus Firmus, cit., pp. 181-183.

[8] Propongo il 1475 come terminus post quem, considerando l’assenza di questa messa dal ms. CS 14, redatto entro tale data e donato dal re di Napoli al papa in occasione dell’anno santo.

[9] Il contrasto ritmico è reso da Tinctoris mediante l’utilizzo nel Contra del tempus imperfectum cum prolatione maiore e l’aggiunta dell’indicazione «crescit in duplo», mentre le altre voci sono notate in tempus imperfectum diminutum.

[10] Cfr. EDWARD E. LOWINSKY, The Medici Codex of 1518, Chicago, University of Chicago Press, 1968 (Monuments of Renaissance Music III–V), vol. III, p. 74, n. 34. L’identificazione scaturisce dall’analogia semantica tra Forestier (Forest) e Dubuysson (Bois).

[11] Le voci in eccedenza rispetto alle tradizionali quattro sono sempre da ricavare tramite motto.

[12] Anche le pause al suo interno sono sempre rispettate.

[13] Paradigmatico in tal senso è il «Pleni» (tenor tacet con imitazione tra primo e secondo discantus), in cui si ha una divisione in due parti di cui la seconda è molto simile alla prima.

 

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