Pietro Zappalà, Recensione :: Philomusica on-line :: Rivista di musicologia dell'Università di Pavia

 

Contributo di Recensione a cura di Pietro Zappalà

 

Catalogue of Early Music Prints from the Collections of the Former Preußische Staatsbibliothek in Berlin, Kept at the Jagiellonian Library = Katalog starodruków muzycznych ze zbiorów bylej Pruskiej Biblioteki Panstwowej w Berline, przechowywanych w Bibliotece Jagiellonskiej w Krakowie, edited by = opracowala Aleksandra Patalas, Musica Iagellonica, Kraków, 1999

 

 

Redatto nel corso degli anni Novanta, è comparso finalmente a metà del 2000 (nonostante la data ufficiale di stampa sia il 1999) il catalogo delle stampe musicali già possedute dalla Preußische Staatsbibliothek di Berlino – ossia la biblioteca più importante della Germania fino alla seconda guerra mondiale – ed ora in deposito presso la Biblioteka Jagiellonska di Cracovia. Le vicissitudini occorse all’ingente patrimonio della biblioteca tedesca, negli anni finali della guerra e in quelli immediatamente successivi, sono un dato ormai acquisito dal mondo musicologico. È noto, infatti, come i responsabili della biblioteca berlinese, avvicinandosi il momento della capitolazione finale, avessero decentrato la parte più importante dei fondi di manoscritti e di stampe in numerose biblioteche dislocate in punti periferici del Reich, allo scopo di preservare un materiale di tale rilevanza dai bombardamenti. Sono stati abbastanza puntualmente ricostruiti i movimenti di tale materiale nel dopoguerra,[1] con il ritorno a Berlino di buona parte di quanto si era disperso. Ma il rientro di questo materiale pativa già uno degli effetti della guerra: la divisione della città in due parti e la conseguente scissione in due sedi della precedente Preußische Staatsbibliothek: nella Deutsche Staatsbibliothek confluirono i materiali che alla fine della guerra si trovavano nelle biblioteche della nuova Repubblica Democratica Tedesca, nella Staatsbibliothek Preußischer Kulturbesitz invece quanto era rimasto sul suolo della nuova Repubblica Federale Tedesca.[2] Non tutto il materiale precedentemente posseduto dalla Preußische Staatsbibliothek fece ritorno: parte di esso non fu più rintracciato e venne creduto genericamente disperso per eventi bellici. Alla fine degli anni ’70, tuttavia, in ambienti bibliotecari cominciò a circolare la voce che tale materiale fosse da ricercare nei depositi della biblioteca di Cracovia e in breve questa notizia ebbe riscontri sempre più puntuali, fino ad essere del tutto confermata. Non è quindi una novità: da oltre venti anni è stata finalmente localizzata una cospicua parte del disperso patrimonio berlinese,[3] patrimonio che era stato ampiamente segnalato e studiato prima della seconda guerra mondiale e la cui scomparsa aveva creato disappunto in non pochi studiosi. Considerata però l’importanza e la ricchezza del fondo rintracciato a Cracovia, ben si comprende come ancora oggi ci sia chi sembra riscoprirlo con inedito entusiasmo, quasi che ogni volta si verificasse la prima scoperta di oltre venti anni or sono.[4] Tuttavia ci sono due aspetti che destano una certa curiosità: da un lato la constatazione che il maggiore interesse verso questo fondo sembra si sia limitato prevalentemente ai manoscritti dei grandi compositori tedeschi del Barocco, del Classicismo e del Romanticismo, dall’altro che la comunità internazionale non abbia sentito l’urgenza di una ricatalogazione puntuale di un fondo così importante, o perlomeno non ne abbia sostenuto con vigore l’iniziativa. A corredo di questa seconda riflessione bisogna però rammentare come il materiale ora a Cracovia costituisca in certo qual modo un motivo di imbarazzo nelle relazioni bilaterali fra Germania e Polonia: la prima nazione rivendica la proprietà dei materiali, la seconda forse non vuol cedere facilmente un patrimonio che potrebbe anche configurarsi come parziale risarcimento per le tragiche vicende belliche. L’opera di puntuale censimento di tutti i materiali ex berlinesi, pertanto, non può non risollevare anche il problema della collocazione giuridicamente corretta di essi.

In questo quadro caratterizzato da complesse stratificazioni storiche si inserisce il catalogo che ci accingiamo a presentare. Ma prima di addentrarci nella sua disamina, occorre precisare subito che esso non esaurisce certo tutta l’articolata ricchezza del fondo, giacché non ne prende in considerazione i manoscritti, e anche le stampe musicali sono catalogate solo in parte: come afferma la curatrice nella presentazione, infatti, la loro catalogazione è limitata a quelle datate fino all’inizio del secolo XVIII, evitando le altre probabilmente per non moltiplicare a dismisura il lavoro. Il catalogo, inoltre, è concepito come strumento per una prima diffusione di una miriade di informazioni tanto più valide in quanto in misura considerevole legate ad edizioni non presenti in altri cataloghi o bibliografie relative a questo repertorio. Questa precisazione sottintende una implicita giustificazione per eventuali manchevolezze del processo di catalogazione, dovute alla mole del materiale considerato, alla sua eterogeneità e, non ultimo, alle difficoltà logistiche di varia natura affrontate nella redazione pluriennale del catalogo.
La parte predominante della pubblicazione, che si apre con una succinta introduzione (in inglese e in polacco) seguita da una lista di abbreviazioni, è formata da circa[5] 2600 schede descrittive contraddistinte da una numerazione continua. Esse sono suddivise in quattro grandi sezioni:

  • pubblicazioni monografiche (denominate Composer’s collections), che impegnano la maggior parte del catalogo: oltre 2222 schede (numeri 1-2222, con alcune schede interpolate) disposte in ordine alfabetico per autore. In questa sezione sono talora incluse anche pubblicazioni che, pur sembrando nel titolo monografie attribuibili ad un unico autore, sono in realtà delle antologie, in quanto ospitano anche una o poche opere di un secondo autore:[6] tali pubblicazioni sono poi richiamate anche nella sezione dedicata alle antologie (si veda oltre);

  • pubblicazioni anonime (Anonymous compositions), con sole 59 pubblicazioni (numeri 2223-2281) in ordine alfabetico per titolo. È compresa in questa sezione anche una serie di libri liturgici che non trovano invece ospitalità nel censimento del RISM;

  • Pubblicazioni antologiche (Anthologies), con 276 pubblicazioni (numeri 2282-2557) comprese fra il 1507 e il 1709 in ordine cronologico di apparizione. In questa sezione vengono richiamate (con il solo numero di riferimento alla scheda relativa) le pubblicazioni essenzialmente monografiche che ospitano in minima parte anche lavori altrui, già compiutamente schedate nella prima sezione.

  • pubblicazioni di Kirchenlieder tedeschi (German Hymn Books), un raggruppamento più esiguo con sole 34 pubblicazioni (numeri 2558-2591) comprese fra il 1530 e il 1700, anch’esse in ordine cronologico di apparizione.

La pubblicazione si conclude con un unico indice finale, che – seppur non dichiarato come tale – raccoglie solo i nomi dei compositori rappresentati nel catalogo stesso.

Le singole schede descrittive presentano, oltre all’eventuale intestazione all’autore o all’anno di edizione:

  • la segnatura dell’esemplare, che è rimasta la stessa a suo tempo assegnata dalla Preußische Bibliothek e, come tale, riscontrabile negli schedari cartacei dell’attuale erede della biblioteca tedesca e negli studi musicologici che ad essa facciano riferimento;

  • la trascrizione diplomatica del frontespizio nella sua completezza, con la differenziazione di maiuscole e minuscole e l’indicazione delle singole righe, separate l’una dall’altra da una barra verticale;

  • le note tipografiche, con nomi e date in forme normalizzate e graficamente ben distinte dalla trascrizione del frontespizio, mediante l’impiego del corsivo.

A questa parte principale della scheda seguono, in carattere di corpo minore:

  • un accenno di collazione: sono riportati i nomi originali dei singoli fascicoli costituenti la pubblicazione (qualora essa non sia apparsa in una sola unità fisica), ma non le dimensioni e la paginazione. Non sono registrate neppure eventuali prefazioni o dediche, né viene data indicazione del tipo di notazione presente nell’edizione descritta;

  •  il riferimento bibliografico ai volumi del RISM di volta in volta pertinenti (fra A/I, B/I e B/VIII) e al Quellenlexikon di Eitner, ma non ad altri repertori bibliografici o cataloghi;[7]

  • le note, che registrano informazioni sulla conservazione dell’esemplare catalogato, sulla sua consistenza (completezza o meno), sulla provenienza (limitatamente agli ex libris o a simili note di possesso presenti sull’esemplare) e sulla sua condizione di unicum (ma limitatamente a quanto riscontrato, o meno, nei volumi del RISM). Nel caso di pubblicazioni anche solo minimamente antologiche, sono registrati i nomi dei compositori inclusi nella raccolta e il numero delle composizioni a loro attribuite.

Così come è articolato nelle sue quattro parti, il catalogo presenta le edizioni musicali in analogia a tre serie del RISM: le prime due sezioni (edizioni monografiche ed anonime) trovano un pendant nella serie A/I, la terza sezione (antologie) nella serie B/I e la quarta (Kirchenlieder tedeschi) nella serie B/VIII.

Di molti volumi del RISM, e soprattutto della serie A/I, si ripresentano in questo catalogo alcuni limiti. Già nella scelta delle intestazioni c’è una evidente (e dichiarata) analogia. Il problema delle intestazioni ai nomi degli autori può sembrare apparentemente irrilevante, o comunque di piccola portata; è invece spesso una questione assai spinosa, come dimostra l’intenso dibattito svolto sull’argomento in ambito catalografico, che si riassume nella necessità di sviluppare e di mantenere un buon authority file dei nomi d’autore. Per la serie A/II il RISM ha creato appunto una siffatta lista di nomi,[8] ma nelle pubblicazioni apparse in precedenza sono state impiegate spesso forme di intestazione che hanno attirato le critiche di attenti bibliografi.[9] La curatrice del catalogo ha operato la consapevole scelta di mantenere le stesse intestazioni proposte dal RISM e, in loro mancanza, ha optato per le forme presenti nell’Eitner: solo nel caso di opere non documentate né nel RISM né in Eitner, essa ha provveduto a formulare intestazioni nuove. È verosimile ritenere che la Patalas abbia preferito allinearsi alle forme usate dal RISM proprio per sottolineare come il suo catalogo vada inteso quale contributo integrativo del ben più ampio repertorio internazionale: potrebbe cioè aver mantenuto le stesse intestazioni per comodità del lettore che volesse compiere una lettura comparativa dei due strumenti (analogo discorso valga per le forme ricavate dall’Eitner).[10] E tuttavia si sarebbe potuto offrire in questo catalogo forme di intestazione più corrette, magari mantenendo anche le forme presenti sul RISM e corredandole di un opportuno rimando da queste a quelle: tale soluzione avrebbe certo comportato un impegno in più per la curatrice, ma al tempo stesso avrebbe consentito la possibilità di accogliere i frutti della ricerca musicologica degli ultimi trent’anni ed insieme avrebbe garantito una procedura di intestazione più corretta dal punto di vista metodologico, realizzando un minimo di quella struttura sindetica che sta alla base di un authority file ben impostato.[11]

Anche nelle descrizioni degli esemplari si osserva un’altra caratteristica mutuata dal RISM: la mancanza di un elenco dettagliato delle singole composizioni (utile particolarmente nel caso di edizioni miscellanee) e l’assenza dei capoversi (nel caso di opere vocali). Tali limiti sono assolutamente giustificabili qualora si consideri che il catalogo, se compilato con tanta dovizia di informazioni, avrebbe richiesto un investimento in termini di tempo (per la preparazione) e di denaro (per la pubblicazione) ben superiore alle risorse disponibili alla curatrice: nella sua veste attuale il catalogo è già l’imponente frutto del lavoro svolto da una persona sola, cui non si poteva richiedere un compito così ampio quale non è stato svolto neanche da una organizzazione internazionale che si avvale di redazioni nazionali (ma dalla quale forse ce lo si sarebbe potuti aspettare).

La successione delle singole schede descrittive all’interno di una medesima intestazione d’autore obbedisce ad un principio rigoroso: la pura sequenza cronologica delle edizioni. La scelta della curatrice ha l’indubbio vantaggio di proporre un criterio uniforme per tutto il catalogo, laddove invece il RISM adotta criteri mutevoli, dipendenti di volta in volta dagli autori trattati. Occorre però rilevare come l’ossequio della rigorosa disposizione cronologica delle edizioni comporti anche un effetto controproducente: le riedizioni di una medesima opera non sono descritte subito dopo la prima edizione di essa, ma vengono disperse secondo l’anno della loro comparsa in mezzo a edizioni di altre opere. Il problema è pressoché irrilevante quando ciò accada in un autore rappresentato da poche edizioni, ma diventa incisivo per compositori riccamente presenti nel fondo berlinese e, ancor di più, per le antologie.[12]

Ben più limitativa appare un’altra caratteristica affine ad alcune serie del RISM: l’assenza cioè di un congruo apparato di indici, alcuni dei quali particolarmente preziosi per la ricerca musicologica. La lacuna più vistosa è determinata dalla mancanza dell’indice dei titoli. Tale indice, in generale di indubbia utilità, risulta assolutamente imprescindibile quando si debba lavorare con edizioni antologiche: come s’è detto, infatti, esse sono elencate nel catalogo solo in ordine cronologico di pubblicazione e non vi è la possibilità di accedere ad esse per altra via. Il problema si acuisce se si tiene conto che la nuova edizione di una antologia viene segnalata sotto l’effettivo anno di pubblicazione, senza opportuni rimandi alla sua prima edizione, rimandi che – da un punto di vista di principio – sarebbero ingiustificati, essendo questo un catalogo di materiali posseduti e non una bibliografia astratta delle edizioni esistite in assoluto. Ciononostante si può verificare il caso di una antologia presente nel fondo berlinese in una riedizione altrimenti non nota: essa non è reperibile per anno di edizione (perché nel RISM o in altri repertori o bibliografie gli anni associati all’ipotetica edizione sono diversi), né per titolo, perché appunto manca un siffatto indice che avrebbe aiutato a localizzare ugualmente la pubblicazione cercata.[13] Parimenti la mancanza dell’indice degli editori e degli stampatori riduce la possibilità di sfruttare appieno il catalogo: ma lo stesso problema si avverte, e in misura molto più elevata, nella serie A/I del RISM. Di indubbia utilità sarebbe stato certamente un indice dei nomi che avesse accolto (magari separatamente) anche i possessori degli esemplari o i nomi dei personaggi citati nei frontespizi (soprattutto, ma non solo, i dedicatari) o nelle note delle schede descrittive.

Alla curatrice del catalogo bisogna però ascrivere anche alcuni meriti particolari. Innanzitutto giova ricordare la completezza della trascrizione dei frontespizi: come è noto, essi spesso contengono informazioni di assoluta rilevanza per la ricostruzione biografica della carriera del compositore o per una corretta collocazione della sua opera, mediante il frequente riferimento a persone o avvenimenti che aiutano a contestualizzare l’edizione.[14] Lo stesso scrupolo di completezza ha spinto la curatrice ad elencare i nomi dei compositori presenti nelle edizioni antologiche, specificando anche il numero delle composizioni loro attribuite e – in questo andando ben oltre la serie B/I del RISM – indicizzando tutti i nomi dei compositori: ne consegue che, a partire dagli indici dei nomi, è possibile avere un quadro completo delle composizioni musicali di ciascun autore presente tanto nelle monografie quanto nelle antologie.

L’interesse maggiore del catalogo, tuttavia, è suscitato dalla segnalazione di un elevato numero di esemplari a stampa non rintracciabili in altre biblioteche. La curatrice del catalogo indica in calce ad ogni scheda se l’esemplare descritto sia un unicum, rapportando tale definizione a quanto risulta censito dal RISM, e distingue caso per caso se si tratti di:

  • opera del tutto ignota;

  • opera già nota e localizzata in altre biblioteche, ma in edizioni diverse;

  • opera già nota e localizzata in altre biblioteche, ma con lacuna di una o più parti che invece sono presenti a Cracovia.

Come tali, il catalogo conta ben 573 unica, che rappresentano oltre il 22% di tutti gli esemplari catalogati. Di essi, 371 sono edizioni del tutto assenti nel RISM (quasi il 65% degli unica; di questi ben 74 non sono segnalati nemmeno dall’Eitner), 52 sono pubblicazioni presenti nel Rism, ma in edizione diversa (il 9% degli unica), mentre 150 sono le pubblicazioni le cui parti presenti a Cracovia integrano (ma non sempre in maniera completa) edizioni segnalate come lacunose nel RISM (il 26% degli unica).

I numeri sopra riportati sono particolarmente interessanti e danno la misura dell’importanza del fondo berlinese ora a Cracovia e, quindi, del catalogo in esame. Occorre però ridimensionare in parte questi risultati. La curatrice, infatti, nella sua opera di controllo e di identificazione degli unica prende in considerazione solo i primi 9 volumi della serie A/I del RISM, oltre ovviamente ai volumi delle serie B/I e B/VIII: mancano così i riscontri con i volumi 11-14 di Addenda et Corrigenda che, riportando numerose integrazioni o correzioni ai nove volumi della serie principale, tolgono a numerose edizioni catalogate dalla Patalas la condizione di unica.

Manca altresì nel catalogo il riferimento ad altri repertori, a cataloghi o a contributi musicologici che, in un modo o nell’altro, denunciano l’esistenza di esemplari che in questo catalogo sono contrassegnati come unica. Ma mentre la lacuna nel controllo dei volumi di Addenda et Corrigenda del RISM A/I sembra abbastanza improvvida,[15] è assai più comprensibile che la curatrice abbia omesso il controllo sistematico di tutta la letteratura che è fiorita a corredo (e correzione) delle massicce, ma pur sempre imprecise segnalazioni del RISM.[16] Il recensore ha condotto una simile indagine, ovviamente a livello di puro campionamento. Comparando i dati offerti dal catalogo con le informazioni desunte da altri repertori,[17] ne è derivata una ulteriore riduzione del numero effettivo di unica.[18] L’aspettativa del lettore comunque non va delusa perché, nonostante le necessarie decurtazioni, rimane elevata la somma di esemplari che non trovano riscontro in altre biblioteche al mondo. Anzi, si verifica anche il fenomeno contrario a quello sopra descritto, in quanto la curatrice del catalogo non sempre ha identificato come unica esemplari che, sulla base delle sue stesse premesse (il confronto con il RISM) e probabilmente anche in assoluto, lo sono a tutti gli effetti. Senza pretese di completezza, bisogna reintegrare fra gli unica (parziali o totali) almeno le seguenti schede: 429, 629, 633, 1366 (Tarquinio Merula, Tarquinio e Corisca, Venezia, Vincenti, 1626; si tratta di unicum solo in parte, in quanto un esemplare è noto, ma è difettoso), 1506 (Giovanni Pierluigi da Palestrina, Il primo libro de madrigali a quattro voci, Venezia, Gardano, 1594), 1683, 1684 (Cipriano de Rore, Il primo libro de madrigali a quatro voci, Ferrara, de Buglhat-Hucher, 1550), 1897, 1974, 2063.

In verità non tutti questi unica sono segnalati per la prima volta in questo catalogo: alcune delle stampe presenti a Cracovia erano già state censite, in ampie selezioni o in singoli esemplari, in precedenti pubblicazioni. Fra tutte, la più importante è senz’altro il contributo di Brian Mann, From Berlin to Cracow: sixteenth- and seventeenth-century prints of Italian secular vocal music in the Jagiellonian Library, «Notes», 49/1 (Sept. 1992), p. 11-27, il quale in appendice all’articolo elenca appunto gli unica, limitatamente all’ambito circoscritto nel titolo. La comparazione fra i dati offerti da Mann e il catalogo Patalas porta a riscontrare alcune discrepanze, la cui responsabilità è di difficile attribuzione: lo studioso sembra assai scrupoloso nel redigere le sue schede informative, ma la curatrice del catalogo ha certo avuto l’opportunità di esaminare il materiale con maggior agio.[19]

Riassumendo, secondo una prima valutazione, certamente non definitiva ma comunque sufficientemente indicativa, il catalogo della Patalas riporta all’incirca 550 unica:

  • una settantina di edizioni mancano tanto nel RISM quanto nell’Eitner. A parte quanto già segnalato da altri repertori,[20] sono da evidenziare in particolare le schede 130 (Giovanni Matteo Asola, Completorium romanum beataeque Virginis laudes ..., Venezia, Ricciardo Amadino, 1599), 156 (Adriano Banchieri, Secondi nuovi pensieri ecclesiastici ..., Milano, eredi di Simon Tini & Filippo Lomazzo, 1611), 1328 (Tiburzio Massaino, Hymni totius anni ... quatuor vocibus concinendi, Venezia, Angelo Gardano, 1599), 1390 (Francesco Milleville, Il quinto libro delli motetti a due, tre, quattro, & cinque voci, Venezia, Alessandro Vincenti, 1627), 1394 (Antonio Mogavero, Missarum cum quinque vocibus ... liber primus, Venezia, Giacomo Vincenti, 1604), oltre a quattro antologie (2338, 2339, 2380, 2514) e alle edizioni di una fitta schiera di musicisti di origine prevalentemente tedesca;[21]

  • quasi 270 pubblicazioni, presenti nell’Eitner, mancano all’appello del RISM. Oltre a quelle già rese note in altre sedi,[22] giova segnalare le schede 91 (Felice Anerio, Canzonette a quatro voci, Antwerpen, Pierre Phalèse, 1610), 764 (Giovanni Gabrieli e Hans Leo Has(s)ler, Honori et Amori Georgii Gruberi ..., Nürnberg, Paul Kauffmann, 1600, 780 (Antonio Gardano, Libro primo [de canzoni francese?] a due voci, Firenze, Landini, 1635), 867 (Nicolas Gombert, … cum quinque vocibus liber primus [sic!], Venezia, Girolamo Scotto, 1550), 1888 (Heinrich Schütz, Klaglicher Abschied von der Churfürstlichen Brufft zu Freybergk ..., Freiberg, Georg Hoffmann, 1623). Ad esse vanno aggiunte due antologie di intavolature del Petrucci, finora conservate solo in copia fotografica alla Bibliothèque Nationale di Parigi: Intabulatura de lauto libro primo e libro secondo, Venezia, Ottaviano Petrucci, 1507 (schede 2282 e 2283, RISM B/I 1507/5 e 1507/6 rispettivamente). Il fondo berlinese conserva altresì un congruo numero di unica di importanti autori tedeschi, come Johann Dilliger (10 edizioni), Melchior Franck (8), Valentin Haussmann (8), Johann Andreas Herbst (2), Johann Erasmus Kindermann (3), Johann Philipp Krieger (4), Michael Praetorius (2) e Johann Hermann Schein, del quale si contano ben 47 edizioni altrimenti sconosciute. Ed infine ancora una ricca serie di autori, prevalentemente italiani e tedeschi;[23]

  • oltre una quarantina di pubblicazioni sono presenti anche nel RISM, ma in diversa edizione: si tratta di opere di Martin Agricola, Giovanni Matteo Asola (6 edizioni), Antoine Boesset, Sebastiano Cherici, Antonio Cifra (3 ed.), Giovanni Giacomo Gastoldi, Johann Ghro [o Groh], Claude Goudimel (4 ed.), Michelangelo Grancino, Alessandro Grandi [I], Heinrich Grimm, Adam Gumpelzheimer (2 ed.), Johann Erasmus Kindermann, Claudio Merulo, Pietro Millioni, Cristobal de Morales, Giovanni Domenico Del Giovane da Nola, Paolo Aretino, Bernhard Rauchenstein, Raffaello Rontani, Johann Hermann Schein, Benedict Schultheiss, Erasmus Widmann, oltre a 6 antologie e a un volume di Kirchenlieder tedeschi. Solo un’esigua parte di queste stampe musicali risulta segnalata come conservata a Cracovia in precedenti pubblicazioni;

  • quasi 160 esemplari, infine, integrano edizioni che sono segnalate dal RISM come lacunose.[24]

Dal calcolo numerico di unica è esclusa a priori una intera categoria, quella dei libri liturgici: non avendo essi un riscontro nella catalogazione del RISM, la curatrice del catalogo non si è sbilanciata a valutarne l’unicità, o meno, di esistenza. Anche questo settore, tuttavia, presenta documenti di spiccato interesse: alcune di queste edizioni non sono censite nella base dati Relics (Renaissance Liturgical Imprints Census, base dati creata e gestita dalla University of Michigan, consultabile all’URL http://www-personal.umich.edu/~davidcr/index.html), che mira a descrivere tutti i libri liturgici editi fino al 1601.[25]

Nonostante alcune ingenuità e alcuni limiti, talvolta anche vistosi, il catalogo delle stampe berlinesi ora a Cracovia è di innegabile e rilevante utilità per gli studiosi dei repertori musicali del Cinque e Seicento. Ma lo stesso catalogo è estremamente importante anche come segnale: segnale, cioè, della progressiva riduzione delle distanze ingenerate – in campo musicologico come effetto collaterale – dalla “guerra fredda” e segnale di un rinnovato recupero ed interesse per le biblioteche dell’Est europeo, con i loro ricchi depositi per ora ancora scarsamente accessibili. Sorprese come quelle riservate da vent’anni in qua dalla Biblioteka Jagiellonska potrebbero ripetersi se potessimo avere simili cataloghi delle maggiori biblioteche presenti sul suolo della ex Unione Sovietica: c’è da auspicarsi, quindi, che la comparsa di questo catalogo sia solo l’inizio di una ricca serie. Ma pur rimanendo a Cracovia, ora ci aspettiamo altre grandi e meritorie imprese: la prosecuzione della catalogazione con le stampe berlinesi di musica sette e ottocentesca, e l’ancor più ambizioso progetto di catalogazione del fondo dei manoscritti. Il catalogo di Cracovia, con la somma delle sue novità e delle sue imprecisioni, ci spinge ad un’ultima riflessione e ad un impegnativo desideratum: da un lato la consapevolezza dei limiti, emersi ormai a più riprese, delle serie A/I, B/I e B/II del RISM, dall’altro la speranza di un loro integrale rifacimento su basi informatiche,[26] in modo da sfruttare le risorse della moderna tecnologia per ovviare alle insufficienze della precedente iniziativa editoriale e consentire l’aggiornamento costante delle informazioni e l’allargamento delle stesse ad elementi descrittivi, formali e contenutistici finora trascurati.

PIETRO ZAPPALÀ

 

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[1] PETER JAMES PALMER WHITEHEAD, The lost Berlin manuscripts, «Notes» 33 (1976), pp. 7-15; ID. , The Berlin manuscripts Recovered, «Notes» 36 (1980), pp. 773-776; WILLIAM M. MCCLELLAN, The curtain comes down on the lost Berlin manuscripts, «Notes» 37 (1980), pp. 309-310.

[2] A seguito della riunificazione della Germania si è avuta anche la riunificazione delle due biblioteche nella moderna Staatsbibliothek zu Berlin – Preussischer Kulturbesitz, che quindi riassume il ruolo e l’importanza che ebbe a suo tempo la Preußische Staatsbibliothek.

[3] Estremamente rappresentativa dell’importanza del fondo, anche limitandosi ai soli manoscritti, è la gran mole di autografi di autori come Bach (numerose cantate), Mozart (Così fan tutte, Le nozze di Figaro, la sinfonia Jupiter), Beethoven (la Grosse Fuge, le sinfonie n. 7, 8 e 9), Mendelssohn (il Concerto per violino, il Sogno di una notte di mezza estate), oltre a manoscritti di Haydn, Schubert, Schumann, Brahms, Bruckner, solo per menzionare i maggiori. Ma il dato più rilevante, perché essenzialmente inedito, è che non tutto il materiale che risultava disperso è rintracciabile a Cracovia: parte di esso manca ancora all’appello, e tutto lascia prevedere che si trovi in biblioteche situate ancora più a Est.

[4] Si veda ad esempio la prefazione a FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY, Mendelssohn's Concerto for Violin and Orchestra in E Minor, op. 64: a Facsimile, foreword by H. C. Robbins Landon; introduction by Luigi Alberto Bianchi and Franco Sciannameo, New York-London, Garland, 1991 (Music in Facsimile, 4).

[5] La numerazione delle schede arriva a 2591, ma a causa dell’interpolazione di alcune schede con numerazione ripetuta e seguita da una lettera alfabetica diacritica, il numero reale è superiore di qualche unità.

[6] Contrariamente a quanto avviene in simili casi nella serie A/I del RISM, in queste antologie viene segnalato il nome degli altri compositori coinvolti (debitamente riportati nell’indice finale), con il numero delle composizioni a loro attribuite nella pubblicazione. In questa sezione vanno segnalati anche alcuni “intrusi”. Come tali, probabilmente, vanno registrate almeno le schede 212, 213 e 214: si tratta di tre volumi di salmi in versione francese, nella traduzione di Théodore de Bèze e Clément Marot, cui le schede figurano intestate. Esse avrebbero dovuto figurare, in realtà, nella successiva sezione delle pubblicazioni anonime (o in quella delle antologie, se ci fosse l’elenco dei compositori, quale però non appare dalla scheda catalografica).

[7] Non si fa riferimento, invece, alla Bibliographie der Musiksammelwerke di Eitner, che nella descrizione delle antologie è per molti aspetti ancora uno strumento insuperato.

[8] La lista, denominata «Compositori della serie A/II» (e parallele forme nelle lingue straniere), costituisce un complemento della serie A/II del RISM e viene distribuita nel medesimo CD-Rom che contiene i dati catalografici relativi ai manoscritti.

[9] Basti menzionare il dibattito apertosi immediatamente dopo la comparsa dei primi volumi della serie A/I, in particolare WOLFGANG SCHMIEDER, Bemerkungen zum «neuen Eitner», «Die Musikforschung», 26 (1973), pp. 81-89, cui risponde KARL-HEINZ SCHLAGER, RISM, Serie A/I: Wunsch und Wirklichkeit, «Die Musikforschung», 26 (1973), pp. 89-91, al quale a sua volta ribatte WOLFGANG SCHMIEDER, Erwiderung, «Die Musikforschung», 26 (1973), pp. 91-92. Per limitarsi all’area italiana sembra opportuno citare gli interventi di CLAUDIO SARTORI, «Nuova Rivista Musicale Italiana», 8 (1974), pp. 634-637 e 10 (1976), pp. 285-286, e il ponderoso contributo di OSCAR MISCHIATI, Bibliografia e musicologia, «Note d’archivio per la storia musicale», N.S. 3 (1985), pp. 171-192.

[10] Bisogna però rilevare come la curatrice si discosti dal RISM nell’ordinamento alfabetico di intestazioni con lettere provviste di segni diacritici: nel RISM abbiamo Schütz e successivamente Schultheiss (quindi secondo l’uso in auge in Germania fino a pochi decenni or sono di intendere i segni diacritici come implicitamente sciolti: Schütz da leggersi e quindi da ordinare come Schuetz), mentre nel catalogo della Patalas prima Schultheiss e poi Schütz (e quindi secondo la tendenza corrente di intendere le lettere con segni diacritici alla stregua delle medesime lettere sprovviste di tali segni (ossia Schütz come Schutz).

[11] Vi sono casi in cui la scelta dell’intestazione non è accettabile (si vedano ad esempio la scheda 357 intestata a Cesare Romano Giulio II, in luogo di Alessandro Romano, e la scheda 1230 intestata a L’Hoste Spirito da Reggio, in luogo di Hoste da Reggio oppure di Torresano, Bartolomeo), altri in cui la grafia andrebbe ricondotta a forme più corrette (ad esempio la scheda 200 intestata a Bernardi Steffano, in luogo di Stefano; la scheda 205 a Berti Caroli, in luogo di Carlo, - il frontespizio riporta in latino il nome dell’autore al genitivo; la scheda 304 intestata a Canale Floriano, in luogo di Canali; la scheda 409 intestata a Colombani Orazio, in luogo di Colombano; e così via), altri ancora in cui siamo palesemente di fronte a mere sviste redazionali (schede 938-961, intestate a Hammerchmidt Andreas in luogo di Hammerschmidt). Il problema qui discusso in relazione ai compositori si deve estendere – per metodo e risultati – anche ai nomi degli editori e stampatori e ai luoghi di edizione: nel primo caso si oscilla, ad esempio, fra Sartorius e Schneider, oppure fra Pruscivus e Prüß, fra Junte e Giunta, nel secondo invece fra Straßburg, Strasbourg e Argentina, oppure fra Moguntia e Mainz.

[12] A titolo d’esempio, la ricca produzione di Valentin Haussmann include – a giudicare dalla trascrizione dei frontespizi – più riedizioni delle medesime opere: le schede 1009, 1011, 1012, 1021, 1024 si riferiscono a differenti riprese dei Neue artige und liebliche Täntze ... (anni 1598, 1599, 1600, 1604, 1606 rispettivamente), mentre le schede 1010, 1013, 1023, 1025 si riferiscono a varie impressioni o riedizioni delle Neue liebliche Melodien unter neue Teutsche Weltliche Texte ... (anni 1598, 1600, 1604, 1606 rispettivamente). Le schede descrittive, così disposte in ordine cronologico di stampa, non consentono quindi un’immediata percezione della reale consistenza della produzione di un compositore e neppure della fortuna di una o dell’altra delle sue opere.

[13] È il caso delle schede 2461, 2468, 2503, 2510, 2550, 2568.

[14] Tanto zelo si spinge, come s’è detto più sopra, a riprodurre il frontespizio in forma diplomatica, con il rispetto di maiuscole e minuscole, tondi e corsivi, suddivisioni delle parole e indicazione di fine riga. Bisogna però rilevare che sarebbe forse stato preferibile adottare una trascrizione in forma più lineare (ma pur sempre integrale!), sfruttando il tempo risparmiato per curare una maggiore precisione nel testo trascritto, onde evitare i non infrequenti errori di lettura o di scioglimento delle abbreviazioni: una descrizione semplificata non avrebbe inficiato la funzione di identificazione precisa dell’esemplare descritto e sarebbe tornata a tutto vantaggio dell’intelligibilità del frontespizio.

[15] Oltre ad una maggiore definizione degli effettivi unica, la consultazione degli Addenda del RISM A/I avrebbe consentito, fra l’altro, il perfezionamento della catalogazione di alcuni esemplari presenti a Cracovia, ma in qualche modo difettosi (è il caso, per esempio, della scheda 549, priva del tutto di note tipografiche perché l’edizione è mutila del frontespizio).

[16] Il RISM non ha mai pubblicato volumi di aggiornamento e integrazione delle serie B/I e B/II, e anche i volumi 11-14 della serie A/I – che pure dovrebbero sancire la conclusione dell’attività di repertoriazione, con la speranza che siano effettivamente seguiti dal volume 10 con indici di editori e stampatori – non sono esenti da errori e ulteriori lacune.

[17] Sono stati considerati due lavori di OSCAR MISCHIATI, Bibliografia delle opere dei musicisti bresciani pubblicate a stampa dal 1497 al 1740. Opere di singoli autori, Firenze, Olschki, 1992 (Biblioteca di bibliografia italiana, 126) e Bibliografia delle opere pubblicate a stampa dai musicisti veronesi nei secoli XVI-XVII. Roma, Torre d’Orfeo, 1993 (Biblioteca musicologica, 2), l’articolo di FRANCO BRUNI, Edizioni rare e unica del Seicento nella Cattedrale di Malta, «Nuova rivista musicale italiana», 29/3 (lug.-set. 1995), pp. 505-527 e la base dati Edit16, che censisce le cinquecentine stampate in Italia o quelle stampate all’estero in italiano, consultabile all’indirizzo http://edit16.iccu.sbn.it/.

[18] Si vedano, ad esempio, la scheda 626 (ANDREA FELICIANI, Il primo libro de madrigali a sei voci …, Venezia, Giacomo Vincenti & Ricciardo Amadino, 1586 [esemplari a Siena, Biblioteca comunale degli Intronati e Archivio del Duomo]), la scheda 645 (COSTANZO FESTA, Il primo libro de madrigali a tre voci, nuovamente ristampati e corretti per Claudio Merulo da Correggio, Venezia, Claudio Merulo, 1568 [esemplari a Bressanone]), la scheda 891 (BONIFACIO GRAZIANI, Il secondo libro de’ motetti a voce sola …, Roma, Giacomo Fei, 1662 [esemplare a Malta]) e la scheda 1077 (PAOLO ISNARDI, Missa cum motetto octo vocibus pro concertis disiunctis …, Venezia, erede di Girolamo Scotto, 1594 [esemplare a Perugia, Biblioteca comunale Augusta]).

[19] Riporto qui di seguito le divergenze fra le annotazioni di Mann e le indicazioni del catalogo Patalas, oltre ad alcune ulteriori osservazioni.

  • Scheda 108 (JACOBUS ARCHADELT, Il primo libro de’ madrigali a quattro voci, Venezia, 1608): per Mann è edito da Giacomo Vincenti e sono unica le parti di A, T e B, mentre per Patalas l’editore è Ricciardo Amadino e unica sono le parti di C, A e B.

  • Scheda 633 (GIOVANNI FERRETTI, Il terzo libro delle napolitane a cinque voci, Venezia, Girolamo Scotto, 1570): Patalas non si accorge che la parte di T è unicum, Mann ritiene che anche il B sia un unicum (l’esemplare del Civico Museo Bibliografico Musicale di Bologna ha la parte del B ed è privo di quella del T).

  • Scheda 645 (COSTANZO FESTA, Il primo libro de madrigali a tre voci ..., Venezia, Claudio Merulo, 1568): Mann non lo menziona nel suo articolo (lo dimentica, o forse era già al corrente degli esemplari di Bressanone attestati in Edit16?).

  • Scheda 1318 (BIAGIO MARINI, Madrigali et symfonie a una 2. 3. 4. 5. di Biagio Marini ..., Venezia, Bartolomeo Magni, 1618): gli addenda del RISM segnalano un esemplare a US-Bem (MM658): se l’esemplare è completo, non si tratta più di un unicum.

  • Scheda 1416 (PHILIPP DE MONTE, Il decimottavo libro delli madrigali a cinque voci, Venezia, Angelo Gardano, 1597): gli addenda del RISM segnalano un esemplare che ha la sola parte di S (MM3388a).

  • Scheda 1897 (GIROLAMO SCOTTO, Il secondo libro delle muse, a tre voci..., Venezia, Girolamo Scotto, 1562): Patalas segnala solo la parte di C e non indica che è un unicum; Mann oltre alla parte di C indica quella di T (unicum) e di B.

  • Scheda 1898 (GIROLAMO SCOTTO, Il terzo libro delli madrigali a due voci..., Venezia, Girolamo Scotto, 1562): Patalas segnala solo la parte di C, Mann anche quella di T (ma dando una segnatura che in realtà rimanda ad un’altra edizione di Scotto).

  • Scheda 1989 (SCIPIONE STELLA, Libro primo de madrigali a cinque voci, Napoli, Giovanni Battista Sottile, 1605): Mann non lo menziona nel suo articolo.

[20] Oltre al contributo di Mann si è fatto ricorso, nei limiti di questa recensione, ad uno dei già menzionati lavori di OSCAR MISCHIATI (Bibliografia delle opere pubblicate a stampa dai musicisti veronesi nei secoli XVI-XVII), e alla pubblicazione di MARCELLO EYNARD – RODOBALDO TIBALDI, Per una bibliografia delle opere a stampa dei musicisti nati o attivi a Bergamo nei secoli XVI–XVIII, Bergamo, Secomandi, 1996 [numero unico di «Bergomum. Bollettino della Civica Biblioteca Angelo Mai di Bergamo», 91 (1996), n. 3].

[21] Johann Georg Ahle, Heinrich Albert (5 edizioni), Bonaventura Albrecht, Michael Altenburg, Bonus Joachim, Adrianus Petit Coclico, Valentin Cremcovius, Johann Dilliger (4 ed.), Benedict Faber (4 ed.), Melchior Franck (6 ed.), Peter Franck (2 ed.), Georg Geisler, Joachim Goltz, Johannes Heronymus Grave, Heinrich Grimm, Johann Hess, Nicholas Levavasseur, Paul Luckemann [Luetkeman?], Thomas Mancinus, Johann Valentin Meder, Severo Quernteno, Georg Quitschreiber, Julius Ernst Rautenstein (2 ed.), Johann Martin Rubert, Johann Hermann Schein, Salomon Schmied, Johann Sommer, Johann Staden, Scipione Stella, Johann Stobaeus (4 ed.), Balthasar Tobias Türchner, Johann Friedrich Zuber e quattro antologie.

[22] Nei lavori menzionati nelle precedenti note sono già segnalate pubblicazioni di Giovanni Matteo Asola, Valerio Bona, Giovanni Battista Camarella, Giovanni Cavaccio, Tomaso Cecchino, Giulio Cesare Romano II (ossia Alessandro Romano), Costanzo Festa, Marco Ghirlandi, Jean de Macque, Rinaldo del Mel, Claudio Merulo, Philipp de Monte, Pompeo Natali, Desiderio Pecci, Giovanni Priuli, Lucrezio Quinzani, Paolo Ragazzo, Livio Rezzano, Giovanni Felice Sances, Antonio Savetta, Girolamo Scotto, Annibale Stabile.

[23] Alessandro Aglione, Wolfgang Christoph Agricola, Gregor Aichinger (2 edizioni), Guiglielmo Arnone, Jakob Banwart, Costantino Baselli (2 ed.), Giovanni Battista Bassani, Eusebius Bohemus, Angelo Bolis, Ottaviano Borono, Lucio Bosso, Marcu Dietrich Brandisius, Giovanni Antonio Cangiasi, Marsilio Casentini, Dario Castello, Carlo Ciminelli, David Civita, Andreas Crappius (2 ed.), Constantin Christian Dedekind (2 ed.), Henning Dedekind, Adam Drese, Gallus Dressler (2 ed.), Johannes Eccard, Thomas Elsbeth (5 ed.), Benedikt Faber (2 ed.), Johann Fabricius [I], Andreas Finolt, Michael Franck, Leandro Gallerano, Wolfgang Gastenhover, Marc’Antonio Gemma, Eleazar Genet (Carpentras), Martin Gramelovius, Johannes Hieronymus Grave, Heinrich Grimm (3 ed.), Ekias Groskurdt, Arnold Grothusius (2 ed.), GuglielmoVeneziano, Marcus Hamel, Peter Heinsius, Michael Hoffmann [I], Zacharias Hofmann, Josquin ab Holtzen, Anton Holzner, Paul Homberger, Tobias Krumbhorn, Gregor Langius, Daniel Langkhner, Volckmar Leisring, Guglielmo Lipparino, Johann Jacob Loewe (2 ed.), Johannes Lyttich, Thomas Mancinus, Oggerio Manelgen, Albericus Mazak, Matthias Mercker (2 ed.), Bernhard Meyer, Samuel Michael, Giacomo Moro, Leonardius Nervius, Anthon van Noordt, Paolo Aretino, Johann Christoph Pez, Johann Pezel, Freidrich Pittannus, Ortensio Polidori, Bruno Quinos, Francesco Ramella, Benedetto Re, Gottfried Reiche, Ambrosious Reiner, Johann Remsched, Jacobus Reuffius, Matthäus Reymann, Richard Valentin, Christoph Riemer, Johann Robach (2 ed.), Donato Rubini (2 ed.), Ippolito Sabino, Franz Sale, Henri Schaffen (2 ed.), Thomas Schattenberg, Paul Melissus Schede, Giulio Schiavetto, Christoph Schimpf, Albert Schop, Jakob Seel, Thomas Selle (5 ed.), Johann Baptista Serranus (2 ed.), Ambrosius Sidel, Michael Siegel (2 ed.), Kaspar Speiser, Annibale Stabile, Johann Staden (2 ed.), Siegmund Gottlieb Staden, Johann Stadlmeyr, Johann Stobaeus (5 ed.), Melchior Straus (3 ed.), Wolfgang Striccius, Nicolaus Adam Strunck, Felicianus Suevus, Jacobus Syringus, Melchior Teschner, David Thusius, Caspar Trost, Andreas Ungar, Francesco Spongia Usper, Giovanni Valentini [I], Giovanni Bonaventura Viviani, Melchior Vulpius, Christoph Thomas Walliser, Georg Weber [II], Georg Caspar Wecker ed infine sei antologie.

[24] Si tratta di edizioni di opere di Antonio Maria Abbatini, Agostino Agazzari, Gregor Aichinger, Giovanni Francesco Alcarotti, Anello Antignano, Giovanni Francesco Anerio, Jacobus Archadelt (3), Arnoldus Flandrus, Giovanni Matteo Asola (3), Ippolito Baccusi, Giovanni Bassano, Andreas Berger, Carlo Bertoli, Gioseffo Biffi (2), Georg Bleyer (2), Antoine Boesset (2), Valerio Bona, Guillaume Boni, Domenico Borgo, Wolfgang Carl Briegel (2), Serafino Cantone, Jean de Castro, Giovanni Cavaccio, Tomaso Cecchino, Johann Celscher, Johann Christenius, Johannes Chustrovius, Annibale Coma, Girolamo Conversi, Andreas Crappius, Giovanni Croce, Giovanni Del Turco, Christian Demelius, Johann Dilliger, Giovanni Battista Dulcino, Christian Erbach, Benedikt Faber (3), Andrea Falconieri, Stefano Felis, Giovanni Ferretti, Andreas Finolt, Melchior Franck (9), Daniel Friderici, Giovanni Battista Gabella, Marco da Gagliano, Giovanni Giacomo Gastoldi (3), Bartholomäus Gesius, Wolfgang Getzmann, Johann Glück, Claude Goudimel, Guglielmo Veneziano, Adam Gumpelzheimer, Georg Hasz, Valentin Haussmann (4), Johann Andreas Herbst, Ludwig Hörnigk, Johann Hofmann, Johann Caspar Horn, Paolo Isnardi, Michael Kraf (2), Giandomenico La Martoretta, Leone Leoni (2), Johannes Lindemann, Nicolas Maiscocque, Fra Michele Malerba, Giovanni Piero Manenti, Giovanni Antonio Mangoni, Berardo Marchesi da Viadana, Tiburzio Massaino, Giovanni Battista Massari, Georg Mengel, Tarquinio Merula (2), Samuel Michael, Philipp de Monte, Giovanni Maria Negri, David Oberndörffer, Sante Orlandi, Valerius Otto, Giovanni Pierluigi da Palestrina, Didacus Philataerus, Leopold von Plawenn, Michael Praetorius (2), Caspar Prentz, Johann Pulsitiva (Weinlein), Cipriano de Rore (2), Johann Martin Rubert, Ippolito Sabino, Christoph Satzl, Erasmus de Sayve, Lambert de Sayve, Paul Schaeffer, Georg Schmezer, Christoph Schultz, Theodor Schwartzkopff, Girolamo Scotto, Daniel Selich, Agostino Soderini, Johann Staden (4), Johann Stobaeus (2), Valentin Strobel, Tilman Susato, Melchior Teschner, Michael Teutschen-Holdt, Matthias Thalman, Francesco Spongia Usper, Jacobus Vaet, GiovanniValentini [I], Lodovico da Viadana, Johann Vierdanck (2), Samuel Völckel, Erasmus Widmann, Adrian Willaert, Nikolaus Zangius e 12 antologie.

[25] Si segnalano in particolare le schede 2223 (Rituale, descritto, ma non localizzato dal Relics), 2228 e 2230 (due Rituali, descritti dal Relics, ma in altre edizioni), 2247 (un raro Graduale), 2265 (una Passione), 2270 e 2271 (due Salteri-Innari).

[26] Nel sito Web dedicato al RISM, ed in particolare alla pagina che ne elenca le pubblicazioni (http://www.rism.harvard.edu/rism/publications.html), viene segnalata la ripubblicazione della serie B/I, in corso di preparazione. La notizia era già stata segnalata anche da Brian Mann nel suo articolo. In entrambi i casi, però, l’iniziativa è legata al nome di Howard Mayer Brown, scomparso ormai da otto anni: non sembra quindi che la riedizione del RISM B/I stia progredendo in questo senso. Viceversa le case editrici Henle e Bärenreiter,di concerto con la sede centrale del RISM di Francoforte, stanno studiando la fattibilità di una versione informatica delle serie A/I, B/I e B/II (comunicazione personale del Dott. Seiffert della Henle-Verlag).

 

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